Somiglia un sacco a un giovanissimo Hugh Grant, il protagonista di "Sing Street", gli somiglia nei lineamenti del viso, nei sorrisi appena accennati dalla sua larga bocca e negli impacci con i quali prova a rimorchiarsi la ragazza più sexy della sua nuova, religiosa, scuola. E' imbranato e acerbo, il ragazzo, ma provvisto di quella furbizia tipica degli irlandesi, che gli permette di chiedere alla corteggiata, in quanto aspirante modella, di partecipare al video musicale della sua band che però ancora non esiste.
Siamo negli anni '80, il periodo in cui MTV comincia la sua ascesa e la sua influenza su aspiranti scrittori, musicisti e chiunque abbia voglia di distinguersi, sognare e diventare grande.
E' una dichiarazione d'amore alla musica che lo ha cresciuto e formato in età adolescenziale, probabilmente, questo film, per John Carney. Una storia che all'interno porterà moltissimo della sua biografia e del suo vissuto (in quanto irlandese di nascita), con quella dedica finale rivolta a tutti i fratelli del mondo che potrebbe spiegare molte cose sulla bellezza e sull'importanza del personaggio interpretato da un fantastico Jack Reinor. Comincia con una famiglia a pezzi infatti "Sing Street", con una separazione ormai prossima e una crisi economica da affrontare, ridimensionando stili di vita, ambizioni e progetti. Una situazione disastrosa che solo il romanticismo e la follia dell'amore (e dell'amicizia) avrà la forza di spingere in sottofondo e abbassar di volume, non cambiando di certo le cose, ma sicuramente rendendole migliori e meno dure. Perché, in fondo, è questo che sa fare la musica e Carney, in quanto esperto in materia, lo sa e la osanna con tutte le sue forze, non sbagliando neppure un verbo, una virgola o un accento nella composizione del suo spartito e mettendo in piedi una pellicola più fiduciosa, più grande e più matura delle sue precedenti. Fanno emozionare, sognare, commuovere e tanto ridere i suoi ragazzi(ni), immersi perfettamente nella generazione e nel lasso di tempo che li circonda, da permettere a noi spettatori di perdere completamente qualunque tipo di contatto con il presente, tanto rapiti dal ritmo e dall'incanto.
Nella missione impossibile di Conor pagherebbe oro chiunque per entrare, per dare il suo contributo, per far parte di quel gruppo di perdenti scolastici che guardano al futuro, creano e non si arrendono alla corda delle loro radici, volendo sempre dimostrare di contare qualcosa e fare la differenza. Pagheremmo oro anche solamente per guardarli più da vicino, per dargli quel consiglio giusto che li faccia migliorare, maturare, come fa il fratello maggiore di Conor, che li adora perché vede in loro ciò che lui avrebbe tanto voluto fare, ma i suoi genitori in un periodo diverso, più calmo, con un sequestro casalingo gli impedirono di mettere in pratica, spiccando il volo. Ci basterebbe persino il contentino di divertirci cambiando ogni volta costumi e pettinature, seguendo quelle correnti dell'epoca che sollecitavano a imitare band del momento come i The Clash, i Duran Duran, i Genesis, i The Cure o i Spandau Ballet, magari sfidando anche noi il conservatorismo di un preside scolastico che per rispetto della parola di Dio era disposto a metterti le mani addosso e affogarti nell'acqua, pur di strofinarti via quella punta di trucco sugli occhi, leggermente ribelle, che "ad un uomo non si addice".
Lo avremmo fatto volentieri, senza dubbio, esclusivamente in nome dell'amore. L'amore per la musica, per le passioni che ti muovono, per la donna che ami e per chi, vicino a te, ha sofferto, sta soffrendo e vorrebbe veder compiersi quello strappo che darebbe a tutti la speranza di un cambiamento possibile. Un cambiamento che, almeno per una volta, nella vita, non deve avere il sapore negativo e amaro dell'ineluttabile, ma quello dolce potente e sincero che ti porta a navigare verso l'impossibile. Con vento in poppa, acqua in faccia ed umore happysad in mode on.
Trailer:
Siamo negli anni '80, il periodo in cui MTV comincia la sua ascesa e la sua influenza su aspiranti scrittori, musicisti e chiunque abbia voglia di distinguersi, sognare e diventare grande.
E' una dichiarazione d'amore alla musica che lo ha cresciuto e formato in età adolescenziale, probabilmente, questo film, per John Carney. Una storia che all'interno porterà moltissimo della sua biografia e del suo vissuto (in quanto irlandese di nascita), con quella dedica finale rivolta a tutti i fratelli del mondo che potrebbe spiegare molte cose sulla bellezza e sull'importanza del personaggio interpretato da un fantastico Jack Reinor. Comincia con una famiglia a pezzi infatti "Sing Street", con una separazione ormai prossima e una crisi economica da affrontare, ridimensionando stili di vita, ambizioni e progetti. Una situazione disastrosa che solo il romanticismo e la follia dell'amore (e dell'amicizia) avrà la forza di spingere in sottofondo e abbassar di volume, non cambiando di certo le cose, ma sicuramente rendendole migliori e meno dure. Perché, in fondo, è questo che sa fare la musica e Carney, in quanto esperto in materia, lo sa e la osanna con tutte le sue forze, non sbagliando neppure un verbo, una virgola o un accento nella composizione del suo spartito e mettendo in piedi una pellicola più fiduciosa, più grande e più matura delle sue precedenti. Fanno emozionare, sognare, commuovere e tanto ridere i suoi ragazzi(ni), immersi perfettamente nella generazione e nel lasso di tempo che li circonda, da permettere a noi spettatori di perdere completamente qualunque tipo di contatto con il presente, tanto rapiti dal ritmo e dall'incanto.
Nella missione impossibile di Conor pagherebbe oro chiunque per entrare, per dare il suo contributo, per far parte di quel gruppo di perdenti scolastici che guardano al futuro, creano e non si arrendono alla corda delle loro radici, volendo sempre dimostrare di contare qualcosa e fare la differenza. Pagheremmo oro anche solamente per guardarli più da vicino, per dargli quel consiglio giusto che li faccia migliorare, maturare, come fa il fratello maggiore di Conor, che li adora perché vede in loro ciò che lui avrebbe tanto voluto fare, ma i suoi genitori in un periodo diverso, più calmo, con un sequestro casalingo gli impedirono di mettere in pratica, spiccando il volo. Ci basterebbe persino il contentino di divertirci cambiando ogni volta costumi e pettinature, seguendo quelle correnti dell'epoca che sollecitavano a imitare band del momento come i The Clash, i Duran Duran, i Genesis, i The Cure o i Spandau Ballet, magari sfidando anche noi il conservatorismo di un preside scolastico che per rispetto della parola di Dio era disposto a metterti le mani addosso e affogarti nell'acqua, pur di strofinarti via quella punta di trucco sugli occhi, leggermente ribelle, che "ad un uomo non si addice".
Lo avremmo fatto volentieri, senza dubbio, esclusivamente in nome dell'amore. L'amore per la musica, per le passioni che ti muovono, per la donna che ami e per chi, vicino a te, ha sofferto, sta soffrendo e vorrebbe veder compiersi quello strappo che darebbe a tutti la speranza di un cambiamento possibile. Un cambiamento che, almeno per una volta, nella vita, non deve avere il sapore negativo e amaro dell'ineluttabile, ma quello dolce potente e sincero che ti porta a navigare verso l'impossibile. Con vento in poppa, acqua in faccia ed umore happysad in mode on.
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