Baby Driver: Il Genio Della Fuga - La Recensione

Baby Driver Edgar Wright
Fossi la Marvel mi mangerei i gomiti per non aver dato piena fiducia a Edgar Wright. Uno come lui meriterebbe d’essere la mente di punta dei cine-comic per come è abile e orientato a stravolgere i generi, a miscelare umorismo, azione e intrattenimento, ricavando storie che davvero non puoi fare altro che berti tutto d’un fiato, rischiando magari di volerne dopo ancora e poi ancora.

Da un certo punto di vista, potremmo dire che “Baby Driver: Il Genio Della Fuga” è un po’ la sua rivincita, la sua visione personale di quell'universo sopra le righe dove però la realtà continua a esistere e ad essere parte integrante di azioni, conseguenze e bivi. Una strada da percorrere, insomma, che per quanto larga e generosa ti costringe anche a stare coi piedi per terra, o, nel caso del Baby di Ansel Elgort, con le gomme sull'asfalto, perdonandoti poco o nulla, a prescindere che si tratti solo di distrazioni o di semplici bravate di gioventù. E allora guida Baby, guida perché a farlo è un portento, guida perché altrimenti sarebbero cavoli amari e guida soprattutto perché una volta si è divertito a rubare l’auto sbagliata ed ora è in debito con Kevin Spacey: uno di quei cattivi che vedi sempre muovere i fili e mai sporcarsi le mani, e che, per questo, faresti meglio a non fare arrabbiare mai. Condannato a fare lo “chauffeur da corsa” per un mondo - quello criminale - che non gli appartiene quindi, Baby vive costantemente con la mente da un’altra parte, in un luogo tutto suo, isolato, astratto, che riesce a vedere ogni volta che nelle sue orecchie mette le cuffie e accende uno dei suoi iPod (ne ho tanti, dice, li cambio in base all'umore), annullando l’acufene provocato dall'incidente stradale nel quale da bambino ha perso i suoi genitori e divertendosi a camminare o a guidare comportandosi come se fosse il protagonista di un musical tutto suo. Un musical dove un giorno, per caso, decide di fare la sua apparizione anche la bellissima Barbara di Lily James, un'altra anima che darebbe tutto per fuggire via da quello che ha, a bordo di un'auto che non può permettersi e con un piano inesistente.

Baby Driver FilmGirate le chiavi e acceso il motore, dunque, "Baby Driver: Il Genio Della Fuga" parte a tavoletta, mostrando immediatamente di che pasta è fatto attraverso una sequenza iniziale, in strada, da far rimanere letteralmente a bocca aperta: con la star del titolo caratterizzata a schiaffo mentre, sulle note di Bellbottoms, attende che la "sua squadra" porti a termine il colpo in corso e lo raggiunga per la consueta fuga all'ultimo brivido. Sostanzialmente infatti è un crime-movie scomposto e ricomposto secondo i canoni e lo humor di Wright, la pellicola, il quale forse stavolta pare davvero pronto a spingersi oltre e a raggiungere i suoi apici più alti. Lo si capisce dalla voglia che ha di non staccare praticamente mai il piede dall'acceleratore, allestendo un turbine di momenti e situazioni pazzesche, mirabolanti, con cui entusiasma il pubblico a ripetizione sbaragliando ogni tipo di aspettativa. Il risultato è una giostra di prima classe, una giostra dalla quale non si ha mai voglia di scendere neppure quando è il turno di fare sul serio e saltare dalla leggerezza totale a quella un tantino più profonda: con Baby che per il suo bene, e per non perdere l’amore della sua vita, ad un certo punto dovrà assolutamente cominciare a “sporcarsi le mani”, rinunciando a quell’atteggiamento da spaccone introverso che lo aiutava a sfuggire dalla realtà.

Irresistibile quando gioca (e tanto) coi pezzi musicali, letale quando deve presentare piani di rapina e rapinatori (Jamie Foxx è stupefacente), dolcissimo nell'istante in cui si lascia prendere per mano dal romanticismo (rappresentato qui addirittura come unica soluzione per diluire o sconfiggere il male) “Baby Driver: Il Genio Della Fuga” è quel classico tipo di film che ti auguri possano diventare per tutti, e non solo per te, potenziali cult di riferimento. Una sorta di versione diluita, pop e spiritosa del “Drive” di Nicolas Winding Refn, stracolma di contaminazioni extra che non fanno altro che renderlo impossibile da non amare e/o ricordare.

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