Gifted: Il Dono Del Talento - La Recensione

Gifted: Il Dono Del Talento Poster Webb
Era la soluzione più ponderata, ragionevole. Ripartire da zero. O quasi, almeno.
Nella tela di Spider-Man - che avrebbe dovuto essere amazing, ma che amazing non lo è mai stato davvero – infatti Marc Webb ha rischiato di rimanerci intrappolato, di rimanere vittima di un ingranaggio che non gli appartiene, molto più grande rispetto a lui che invece si trova maggiormente a suo agio nella gestione di quei film cosiddetti “piccoli”, dove non c’è pressione e dove il margine di manovra e di esecuzione è di certo più elevato.

Poi, per carità, ci sta che dopo una batosta del genere, dopo essere stato quasi fagocitato da un progetto che si credeva amico e che all'improvviso è diventato ostile, uno decida di andarci coi piedi di piombo. Di non ricominciare a correre, quindi, camminando a passo sicuro, senza però rischiare lo strappo facendo dei sforzi eccessivi. Perché in tutta onestà, in “Gifted: Il Dono Del Talento”, di sforzi eccessivi non è che se ne vedano tanti, anzi, tutto è piuttosto canonico e prevedibile, conosciuto potremmo dire, in un certo senso. Eppure, nonostante ciò, l’anima di Webb torna a farsi sentire come non faceva ormai da tempo, a levarsi libera, a pulsare, mettendosi al servizio non di una storia romantica, come probabilmente c’era da aspettarsi, ma di un dramma famigliare con al centro una bambina prodigio per la quale c’è da stabilire se il futuro migliore sia con lo zio Chris Evans, che la sta crescendo praticamente da quando è nata, dopo il suicidio della madre, oppure con la nonna Lindsay Duncan, tornata a farsi viva non per caso, con la boria di poter donare a sua nipote una vita più agiata e una scuola all'altezza. Disputa che ben presto, e con nessuna sorpresa, finisce col diventare legale, con l’assumere i tratti tipici del processo, alimentando l’intera struttura sentimentale della pellicola che di fatto - ed era piuttosto ovvio - interessa al suo regista più di ogni altra cosa: se non altro per dimostrare a chi avesse dubbi a riguardo di non aver perduto minimamente il tocco.

Gifted FilmCon umiltà e voglia di rimettersi in carreggiata allora Webb prende il copione scritto da Tom Flynn e lo fa suo, lo assorbe, esaltandolo secondo quello che è il suo cinema e secondo quella che è la sua spiccata sensibilità emotiva. Non c'è da stupirsi perciò se in “Gifted: Il Dono Del Talento” i momenti migliori sono gli stessi che avevano contraddistinto entrambi gli Amazing Spider-Man, ovvero quelli dove a venir fuori è l’umorismo, oppure la tenerezza e l’autenticità degli affetti. Questo sebbene di una storia d'amore vera e propria non ci sia alcuna traccia (e volendo inserirla i pretesti ci sarebbero anche stati), sostituita intelligentemente da una scrittura accurata ed essenziale attraverso la quale, tramite le varie fasi di sviluppo della trama, viene chiarito allo spettatore il quadro generale complesso di una famiglia, quella protagonista, della quale alla fine sapremo vita, morte e miracoli, pur non avendo visto da vicino nessun fatto, flashback o quant'altro.

Una mossa a sorpresa, se vogliamo, da parte di Webb, che probabilmente pur volendo rimettersi in gioco, ha preferito non andare a ricalcare troppo determinati aspetti del suo esordio, ostentando un sottile accenno di rischio che tuttavia è anche sinonimo di stuzzicante personalità. Perché pur se microscopico, pur se con basso profilo, pur se non richiesto, la determinazione di fare un passo avanti in lui c’è sempre stata, a prescindere dalle rivincite personali, dagli obiettivi e dalla priorità di non compromettere, come poi non ha fatto, la riuscita di un film che, pensiamo, avesse per lui significato enorme e fondamentale.
Un po’ come enorme e fondamentale potrebbe essere la scoperta di un talento come quello della giovane Mckenna Grace, bambina protagonista in grado di rubare la scena a tutti e di cui, è assai probabile, in futuro sentiremo parlare.

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