Chi M'Ha Visto - La Recensione

Chi M’Ha Visto Film
Possiamo intravedere l’Italia peggiore all'interno del film di Alessandro Pondi, l’Italia annoiata, superficiale e ignorante che passa i pomeriggi e le serate davanti alla televisione e ai programmi di Barbara D’Urso e Maria De Filippi, subendo passivamente il lavaggio del cervello e percependo di conseguenza in maniera alterata ciò che appartiene (o dovrebbe appartenere) alla realtà reale.

Certo, pur denunciandola questa parte di paese “Chi M’Ha Visto” la sfrutta più che altro per dare forma alla commedia che vuole essere, limitandola a un piccolo paesino sperduto della Puglia, nel quale praticamente mai nessuno finisce per mettere piede. Cosa che, di fatto, contribuisce a rendere un vero e proprio exploit il ritorno del figliol prodigo Martino Piccione, che al termine della sua tournée con Jovanotti - per il quale è il chitarrista ufficiale - decide di sfruttare la pausa per andare a trovare madre, amici e parenti. Un ritorno amaro, scarno di soddisfazioni e colmo di umiliazioni, però, il suo: tra chi lo prende in giro perché inconsapevole del suo spessore, chi vuole offrirgli un lavoro vero e la sua fidanzata che ufficialmente gli comunica di stare con un altro. Schiaffi su schiaffi che vanno ad aggiungersi alla frustrazione principale di non riuscire a sfondare come cantante solista, fondamentalmente perché per quanto fortunato nella vita e riconosciuto nel suo giro come chitarrista straordinario, Martino vive da sempre - da 48 anni quindi - una piccola maledizione: nessuno si accorge mai veramente di lui. Non importa quanti anni di tour e apparizioni al fianco dei grandi artisti sia riuscito a inserire nel curriculum, sul palco lui sembra comunque sfuocato, invisibile, tutto il contrario della sua musica. Ecco perché una sera, accorgendosi dell’empatia smisurata della madre (e dell’Italia) nei confronti di un programma televisivo doppione di Chi L’Ha Visto (Scomparsi), partorisce l’idea di sparire dalla circolazione, chiedendo aiuto al suo migliore (?) amico Peppino e cavalcando un’onda tanto pericolosa quanto potenzialmente efficace.

Chi M’Ha Visto Favino FiorelloRagiona sul concetto di successo infatti la pellicola di Pondi, sulla popolarità inseguita oggi da cani e porci e trasformata ormai in qualcosa di assai diverso rispetto a ciò che inizialmente avrebbe dovuto essere il suo ruolo. Il Martino di Giuseppe Fiorello, non a caso, per attirarsela addosso compie un atto sgradevole, qualcosa di cui non va per niente fiero e che, in più di un’occasione, vorrebbe annullare e archiviare. E’ il Peppino di un indomabile Pierfrancesco Favino che lo spinge a non cedere e a continuare, che con i risultati ottenuti lo convince a credere che questa possa essere davvero la strada migliore per coronare finalmente il sogno di produrre quella musica tutta sua che - e a sentire Martino c’è da credergli – una volta ascoltata contribuirà a cambiare il mondo in positivo e per sempre. Un gesto egoistico, compiuto secondo fini altruistici che però all'interno di un mondo che forse cambiato lo è già, ma in peggio, viene inghiottito presto da un sistema cannibale e corrotto che “Chi M’Ha Visto” tra risate e battute micidiali è bravo a mostrare in tutto il suo lato oscuro ed orrore, mettendone in risalto la deriva sciacallesca e di rimbalzo la rincorsa smodata a microfoni e telecamere che ha portato, con il tempo, a riferimenti sbagliati e a modelli gretti ormai rimovibili a fatica.

Ma amarezze a parte, il vero stupore è che la presa coscienza di tale oggettività non limita minimamente la piacevolezza di una pellicola che non dimentica i suoi obiettivi, che riesce ad essere perciò divertente ininterrottamente e a rispettare le promesse fatte allo spettatore, il quale uscirà dalla sala, forse subliminalmente ammonito, ma sicuramente allietato e appagato.

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