Il Ragazzo Più Felice Del Mondo - La Recensione

Il Ragazzo Più Felice Del Mondo Gipi Film
C’è un’idea di base bellissima in “Il Ragazzo Più Felice Del Mondo”, quella di prendere una storia vera - sconosciuta a tutti, tranne che ai diretti interessati – che è tanto assurda quanto potenzialmente inquietante e rivelarla al mondo intero. Sentire l’urgenza di doverlo fare: perché certe storie meritano di essere raccontate a prescindere da quello che, in teoria, prevede e vorrebbe il cinema.
Così, anche se Gipi non ha un produttore – vediamo l’esilarante rottura con Procacci, in apertura (che poi è colui che gli ha prodotto questo film) - e nessuno interessato a sopperire a quella figura, non si perde d’animo e con un paio di amici – che poi diventeranno quattro – decide di investire di tasca propria e seguire la sua ossessione.

Un’ossessione chiamata Francesco, adolescente di quindici anni che, nel 1997, gli scrisse una lettera a mano in cui lo elogiava per il suo lavoro da fumettista (all'epoca per una rivista erotica), chiedendogli, alla fine, la cortesia di un disegno con dedica da farsi rispedire come dono (con tanto di indirizzo di casa, busta e francobollo già forniti). Francesco, però, con gli anni sembra non essere invecchiato affatto, visto che nel 2018 una sua lettera – scritta in maniera identica, con qualche leggerissima modifica - viene intravista da Gipi sull'account social di un suo collega, evento che lo stimola ad approfondire la questione e a contattare altri fumettisti, ricevendo cinquanta risposte di casi identici, spalmati negli anni. Chi è Francesco, allora? Perché si finge un quindicenne? Come mai preferisce tenere segreta la sua vera identità?
Domande a cui – secondo Gipi - vale la pena trovare una risposta, approfondire, ma solo per capire se esistono o meno dei rischi per attuare il reale piano che ha in mente: ovvero caricare quanti più fumettisti possibile su un pulmino - coinvolgendo tutti i riceventi della lettera - e raggiungere Francesco a casa per accontentare ogni sua richiesta e renderlo, in questo modo, il ragazzo più felice del mondo.

Il Ragazzo Più Felice Del Mondo FilmParte, quindi, come un (finto)documentario, la sua pellicola, uno di quelli sperimentali, indipendenti: bagnato dall'umorismo, a volte provocatorio e a volte sottile che lo contraddistingue e al quale non rinuncia mai, neppure quando è costretto a cambiare pelle. Si, perché a un certo punto, a furia di affrontare le varie difficoltà di un progetto grande, portato avanti con un budget minimo, l’attenzione che doveva appartenere incondizionatamente a questo misterioso ammiratore la vediamo spostarsi pian piano verso uno - il primo? - dei suoi ammirati: Gipi. Il chiodo fisso, la smania da cui il disegnatore si lascia prendere pur di conseguire il suo scopo, infatti, lo spingono a fare i conti con sé stesso, col passato, il presente, (s)vendendosi quando una mega-produzione è disposta a venirgli incontro (ma in cambio di alcune modifiche) e umiliandosi nell'istante in cui c’è bisogno di recuperare il cuore (suo e dell'operazione) e la fiducia di quegli amici che aveva ingiustamente tradito. In questo passaggio, da (finto)documentario che era, “Il Ragazzo Più Felice Del Mondo” passa ad essere film di finzione e poi a toccare vertici di metacinema, simulando la schizofrenia di un regista in crisi, alla ricerca di un cortocircuito capace di stimolarlo a riprender le fila e tornare alle (sue) origini.
Le origini da cui era partito, quelle del racconto: che non per forza devono legarsi a un’estetica o a una grandezza, se tra le mani hai la potenza di una storia, talmente singolare e trainante, da far chiudere un occhio persino sui goffi movimenti di un fonico impreparato, puntuale a entrare in campo.

C’è tutto Gipi e il suo mondo, insomma, in questa sua ultima opera cinematografica; c’è la voglia di intrattenere, di aprirsi, di farci tornare bambini, - come lui ammette di avere ancora la fortuna di essere (perché chi fa del disegno il proprio lavoro è come se restasse bambino per sempre) - ma soprattutto, c'è il gran desiderio di incitarci a fare, creare, osare.
E questo vale nel cinema, come in qualsiasi altra materia, quando sentiamo ne valga la pena.
Calpestando, se necessario, qualunque tipo di ostacolo.

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