
La struttura antologica di storie che si alternano, slegate l’una dall'altra, è rimasta, così come quell'omaggio al filone western - protagonista assoluto di sfondo e avvenimenti - sul quale i Coen vanno a forgiare quella catena conduttrice dedicata alla Morte che, forse, potrebbe essere l’unica aggiunta necessaria, eseguita in corsa, e utile a riordinare i propositi. Non c’è personaggio infatti – che sia primario o comprimario – che non debba fare i conti col proprio destino in “La Ballata Di Buster Scruggs”: con una vita pronta a sorprenderti quando meno te l’aspetti o che, beffarda, sembra non veda l’ora di prendersi gioco di te, sfruttando un momento di estremo apice o di parziale declino. Il tutto senza rinunciare – come era ovvio che fosse – a quello spirito sarcastico e irresistibile che contraddistingue i due registi, e a quella filosofia un po’ scanzonata e fatalista – che trovò la sua massima espressione in ”Non È Un Paese Per Vecchi” - di chi non ha risposte da dare sull'esistenza, tranne la certezza che sia tutto profondamente casuale, dominato dal caos, se non, addirittura, dall'assurdo.
Quell'assurdo che ritroviamo piacevolmente nella caratterizzazione di moltissimi dei personaggi: a cominciare dallo Buster Scruggs del titolo – di cui avremmo visto più che volentieri uno stand-alone - , passando, poi, per il direttore di banca, appassionato di padelle, e terminando, infine, con una diligenza trainata da un misterioso pilota, con singolari passeggeri a bordo, – e vagamente ispirata a quella di “The Hateful Eight” – che conclude il suo viaggio alle porte di un albergo dall'aria funesta e a dir poco inquietante.

Non solo per via di una spina dorsale profonda e affascinante, ma anche per merito di alcune parentesi notevolissime di (gigantesco) cinema che fanno letteralmente esaltare ed elettrizzare il cervello, e per le quali, appunto, non smetteremo mai di ringraziare
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