The Front Runner: Il Vizio del Potere - La Recensione

The Front Runner Jackman
L’etica, la morale. Quanto contano?
Quanto hanno il diritto di influenzare le nostre opinioni nei confronti di qualcuno, considerando che di Santi a questo mondo non è che ce ne siano poi così tanti?
Viene da chiederselo mentre si segue la parabola del Senatore e candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti, Gary Hart: preparatissimo sul suo programma politico, ferreo e motivato nel voler aiutare un paese ad uscire dalle sue difficoltà, eppure umano al punto da tirarsi la zappa sui piedi da solo, facendosi cogliere (praticamente) in flagrante, durante un episodio d’infedeltà coniugale commesso proprio a pochissimi metri dal traguardo (e  da favorito).

Un passo falso perdonato – parzialmente – dalla moglie, ma non dalla stampa, che si accanisce su di lui tendenzialmente per fare gossip, truccando l’operazione come se volesse smontarne l’integrità popolare, mettendo in guardia la Nazione da un potenziale leader, di fatto, ipocrita e inaffidabile. E questo davanti. Perché in “The Front Runner: Il Vizio del Potere” c'è anche tutto un discorso compiuto a bassa voce, una riflessione interna – interessantissima - elaborata dagli esponenti del Post (che poi era la redazione osannata da Spielberg nel film con Meryl Streep e Tom Hanks) - lontano dal caos delle telecamere e dei giornalai alla ricerca dello scoop - sull'importanza di una notizia e sul suo valore di pubblicazione: dobbiamo scriverlo perché fa vendere, oppure perché è un’informazione rilevante e necessaria ai cittadini?, viene chiesto, a un certo punto, da uno dei giovani dipendenti. Ecco, al contrario della pellicola di Spielberg, quella diretta da Jason Reitman, allora, ci racconta di un altro momento storico, uno decisamente più negativo e prolifico, rispetto allo scandalo dei Pentagon Papers, ovvero di quando il giornalismo ha cominciato a lasciarsi corrompere, tradendo la sua missione e i suoi codici, influenzando e abbassando, inevitabilmente, l’intelletto dei suoi lettori.
Lo stesso intelletto che - come viene ricordato prima dei titoli di coda - rischia di portare, poi, se addormentato, alla promozione di esponenti politici che meritiamo davvero.

The Front Runner JackmanConsiderazioni profonde e di spessore di cui “The Front Runner: Il Vizio del Potere” si arricchisce gradualmente, con pazienza, dopo una prima parte dedicata (e necessaria) a tracciare un profilo leale e simmetrico del suo protagonista: un Hugh Jackman bravissimo a entrare nei panni del candidato competente, risoluto e appassionato, mantenendo quel profilo basso da americano-medio, solitamente attinente a figure membri di determinati partiti. Una pellicola, quella di Reitman, che è impossibile, dunque, non catalogare come figlia dei tempi; come la risposta a un periodo storico preoccupante e sul quale intervenire con ogni forma di comunicazione possibile. Il cinema – come la stampa, del resto – ha il dovere, oggi più di ieri, di utilizzare la sua libertà ed il suo potenziale per arricchire e parlare allo spettatore, approfittando magari anche della crisi di un quinto potere sempre più calpestato (e calpestabile) e ulteriormente bastonato dall'ascesa di correnti gelide come fake news e post-verità (bellissimo, tra l’altro, l’accostamento allarmante tra la vita politica e quella hollywoodiana).

Parliamo di un film, quindi, che mira – riuscendoci - ad infilarsi di diritto e con merito in quel filone giornalistico – che da queste parti tanto amiamo – stimolante e incisivo (con un peso specifico diverso, ma complementare), che schiva egregiamente il rischio di farsi compitino effimero, e da cui è complicato staccare la spina troppo facilmente.

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