Ridotto all'osso, il nuovo film di Jordan Peele, somiglia un po’ a un “The Strangers” rovesciato: con una famiglia – qui con i figli: due – in vacanza per l’estate che all'improvviso deve vedersela con l’arrivo di un’altra famiglia – numericamente speculare - che in piena notte decide di fargli visita, irrompendo in casa aggressivamente. A fare la differenza, però, è che quelle persone – e non è uno spoiler, perché a svelarcelo è già il trailer – altro non sono che delle versioni macabre e crudeli di loro stessi, dei doppi quasi perfetti sbucati da chissà dove e alla ricerca di chissà cosa.
Riparte da un home invasion, allora, il regista di “Scappa: Get Out”, uno di quelli che sanno come distinguersi e affascinare, perché intrisi di un mistero tutto da scoprire, capace di terrorizzare e tenere lo spettatore rigorosamente sulle spine, allo stesso tempo. Non si tratta, infatti, della classica storia di violenza gratuita nella quale una famiglia a pezzi, o in crisi, nell’'affrontare un’esperienza ad alto tasso di paura e dolore, sarà in grado, infine, di ricucirsi e di ritrovarsi. Dietro “Noi” ci sono delle premesse, degli scheletri, assai più oscuri e spaventosi da affrontare, scheletri di cui è possibile percepire le ombre nelle informazioni testuali fornite in apertura e in un prologo, ambientato negli anni ’80, volto a mischiare ancora di più carte, di per sé, già enigmatiche. Una serie di nodi che - forse con meno forza di quanto avrebbero potuto - contribuiscono a rendere la pellicola inquieta, ricca di tensione, specialmente dall'istante in cui Peele decide di scostare ogni indugio e far entrare in scena quegli agghiaccianti doppelgänger di cui eravamo in attesa. Da qui in poi l’effetto è quello di un crocevia fondamentale che inizia ad aprirsi, a schiudersi, strizzando l’occhio allo spettatore e al genere, ma consapevole di dover cominciare anche a sbrogliare una matassa decisamente imbrogliata e arcana.
Matassa che – lo diamo per scontato – Peele ha ben chiara nella sua testa e che ci semplifica e ci ricomplica a suo piacimento, un po’ per piacere di infierire sulla nostra curiosità e un po’ per necessità di sviluppo narrativo. Ci concede informazioni a piccole dosi, ritardando i spiegoni attraverso l’azione, l’angoscia e l’umorismo – quest’ultimo, a volte leggermente esagerato o fuori luogo – di una storia che comunque segue le regole che gli spettano e che la ispirano, pur dichiarandosi altezzosamente di livello superiore e innovativo. Furbizie di un regista che, nemmeno troppo celatamente, conosce il suo pubblico – quello americano, almeno - sa di essere tecnicamente abile e, per questo, può permettersi di comportarsi anche con sufficiente presunzione: e a dimostrarlo è l’incoerenza con la quale crede di poter dribblare determinati quesiti, a cui (non)risponde unicamente in parte, o in maniera del tutto ondivaga.
L’attrattiva e l’interesse, perciò, nei confronti di quell'idea, oggettivamente intrigante e raccapricciante, legata a una nostra copia-ombra, metaforicamente – forse – nata per esprimere nel concreto quel lato oscuro che tendenzialmente abbiamo, ma che scegliamo spesso di chiudere nell'armadio, si sfalda non appena la sceneggiatura che dovrebbe sorreggerla si svela fragile e incapace di poterlo fare: grossolana in certe sequenze e ridicola all'occorrenza.
Probabilmente Peele avrà pensato che il pubblico alle spiegazioni tiene meno, che quello che conta, al cinema, è la trazione emotiva, che la logica è una materia sopravvalutata. Ma per quanto certe considerazioni potrebbero, parzialmente, avere davvero un loro valore, è altrettanto vero che non basta uno spunto geniale e un po’ di maestria per confezionare un horror sofisticato (politico?) e ultramoderno. A volte la differenza - se si è alla ricerca di consacrazioni - sta nel non lasciare nulla al caso, cosa che “Noi”, ahimè, purtroppo non vuole fare, approssimando e delegando.
Riparte da un home invasion, allora, il regista di “Scappa: Get Out”, uno di quelli che sanno come distinguersi e affascinare, perché intrisi di un mistero tutto da scoprire, capace di terrorizzare e tenere lo spettatore rigorosamente sulle spine, allo stesso tempo. Non si tratta, infatti, della classica storia di violenza gratuita nella quale una famiglia a pezzi, o in crisi, nell’'affrontare un’esperienza ad alto tasso di paura e dolore, sarà in grado, infine, di ricucirsi e di ritrovarsi. Dietro “Noi” ci sono delle premesse, degli scheletri, assai più oscuri e spaventosi da affrontare, scheletri di cui è possibile percepire le ombre nelle informazioni testuali fornite in apertura e in un prologo, ambientato negli anni ’80, volto a mischiare ancora di più carte, di per sé, già enigmatiche. Una serie di nodi che - forse con meno forza di quanto avrebbero potuto - contribuiscono a rendere la pellicola inquieta, ricca di tensione, specialmente dall'istante in cui Peele decide di scostare ogni indugio e far entrare in scena quegli agghiaccianti doppelgänger di cui eravamo in attesa. Da qui in poi l’effetto è quello di un crocevia fondamentale che inizia ad aprirsi, a schiudersi, strizzando l’occhio allo spettatore e al genere, ma consapevole di dover cominciare anche a sbrogliare una matassa decisamente imbrogliata e arcana.
Matassa che – lo diamo per scontato – Peele ha ben chiara nella sua testa e che ci semplifica e ci ricomplica a suo piacimento, un po’ per piacere di infierire sulla nostra curiosità e un po’ per necessità di sviluppo narrativo. Ci concede informazioni a piccole dosi, ritardando i spiegoni attraverso l’azione, l’angoscia e l’umorismo – quest’ultimo, a volte leggermente esagerato o fuori luogo – di una storia che comunque segue le regole che gli spettano e che la ispirano, pur dichiarandosi altezzosamente di livello superiore e innovativo. Furbizie di un regista che, nemmeno troppo celatamente, conosce il suo pubblico – quello americano, almeno - sa di essere tecnicamente abile e, per questo, può permettersi di comportarsi anche con sufficiente presunzione: e a dimostrarlo è l’incoerenza con la quale crede di poter dribblare determinati quesiti, a cui (non)risponde unicamente in parte, o in maniera del tutto ondivaga.
L’attrattiva e l’interesse, perciò, nei confronti di quell'idea, oggettivamente intrigante e raccapricciante, legata a una nostra copia-ombra, metaforicamente – forse – nata per esprimere nel concreto quel lato oscuro che tendenzialmente abbiamo, ma che scegliamo spesso di chiudere nell'armadio, si sfalda non appena la sceneggiatura che dovrebbe sorreggerla si svela fragile e incapace di poterlo fare: grossolana in certe sequenze e ridicola all'occorrenza.
Probabilmente Peele avrà pensato che il pubblico alle spiegazioni tiene meno, che quello che conta, al cinema, è la trazione emotiva, che la logica è una materia sopravvalutata. Ma per quanto certe considerazioni potrebbero, parzialmente, avere davvero un loro valore, è altrettanto vero che non basta uno spunto geniale e un po’ di maestria per confezionare un horror sofisticato (politico?) e ultramoderno. A volte la differenza - se si è alla ricerca di consacrazioni - sta nel non lasciare nulla al caso, cosa che “Noi”, ahimè, purtroppo non vuole fare, approssimando e delegando.
Trailer:
Commenti
Posta un commento