Il Campione - La Recensione

Il Campione Accorsi
Sarà perché sono romanista – anzi, sicuramente è così – ma quando ho visto per la prima volta il trailer de “Il Campione”, mi è subito salita addosso una strana curiosità. Non mi capita spesso, è. Di solito quando c’è la Roma di mezzo tendo a non guardarli i film, a scartarli, perché penso sempre venga utilizzata più come specchietto per le allodole che per motivi validi, o logici, e la cosa mi infastidisce. Ma stavolta no. Stavolta, guardando le immagini e intuendo i temi, la sensazione che ho percepito è stata intrigante, divertente, e vedere Andrea Carpenzano nei panni di questo potenziale fenomeno con la testa un po’ di Cassano e un po’ di Balotelli, alle prese con le lezioni scolastiche di Stefano Accorsi, mi solleticava parecchio.

Mi aspettavo un lavoro alla “Scialla: Stai Sereno” ambientato nel mondo del calcio: una commedia divertente, paternamente atipica, con il romano e il romanismo fissi sullo sfondo. E, per certi versi, alla fine, non è che ci sia andato, poi, troppo lontano, anche se, va detto, che l’opera prima di Leonardo D'Agostini provi a muovere, prudente, dei passi ulteriori. Perché se è onesto ammettere che i momenti migliori, più indelebili, de “Il Campione” sono racchiusi nei gesti assurdi e nelle parole sguaiate, ma spontanee di un atleta del trullo incapace di gestire successo, talento, denaro e affetti, è altrettanto vero che quando c’è da entrare in profondità, da scavare nei personaggi, la pellicola di D’Agostini dimostra di sapersi adattare benissimo, riuscendo ad emozionare con sorprendente semplicità. Tant'è che un po’ dispiace accorgersi che, queste minuscole, ma potentissime parentesi, non vengano maggiormente ampliate, portate avanti, guadagnando più spazio all'interno di una storia che, forse, avrebbe fatto meglio a non verticalizzare tutto sull'aspetto – importantissimo, per carità, ma assai meno vibrante - riservato all'istruzione e all'intelletto. Nonostante parliamo di una tattica che si rivela vincente, non c’è dubbio, ma non devastante come sarebbe potuta essere quella di continuare a battere sugli abbracci sinceri tra Christian e Valerio e sul rapporto da ricucire – a seguito di una tragedia - di quest’ultimo con la sua ex-moglie.

Il Campione CarpenzanoC’è un filo comune, del resto, che accomuna questi due personaggi apparentemente agli antipodi: entrambi portano sulle spalle una perdita insanabile che per motivi diversi gli sta condizionando equilibrio mentale ed esistenza. Per Christian è quella di una madre morta di cancro che lo ha lasciato con un padre tornato solo per approfittarsi dei suoi soldi, mentre per Valerio è quella di un figlio portato via da meningite fulminante, ma per il quale lui si sente, in parte, responsabile. E allora ci sta che, attutite le schermaglie iniziali, queste due anime finiscano col trovarsi, con l'entrare in contatto, parlare la stessa lingua e comprendersi. Ci sta che, ognuno a modo suo, provi a far sentire all'altro la propria gratitudine, felicità, spirito di rinascita: mettendo davanti, magari, una lastra meno spessa a far da schermo, giusto per non rischiare troppo, visti i precedenti. Una pista narrativa rischiosa, appassionante, che la regia di D’Agostini riesce a tenere viva abbastanza, superando addirittura dei leggeri ostacoli in cui avremmo scommesso sarebbe caduta: gli stessi in cui, poi, decide lei stessa di volersi adagiare, per far posto a una chiusura coerente con le premesse, ma probabilmente troppo canonica e confortevole, se consideriamo dove ci si poteva spingere.

Restando in materia di esami e di maturità, tuttavia, “Il Campione” resta lo stesso una piacevolissima sorpresa, una di quelle capaci di regalare un paio d’ore di ottimo intrattenimento e di risate, complice anche un cast azzeccato e in formissima e una scrittura, a tratti, davvero brillante e acuta.

Trailer:

Commenti