Rocketman - La Recensione

Rocketman Film
Drogato, alcolizzato, ipersessuale, farmaco-dipendente e maniaco dello shopping.
Si presenta più o meno così l’Elton John di Taron Egerton, nella prima scena di “Rocketman”, accaparrandosi prepotentemente l'attenzione all'interno del cerchio appartenente alla sala del rehab in cui, alla-sua-maniera, decide di fare incursione e chiedere aiuto.
Una premessa che anticipa ciò che a breve andremo a vedere, che preannuncia eccessi e scenari che a malapena possiamo immaginare, ma che racchiude anche la fragilità e le sofferenze profondissime che, inevitabilmente, andranno a giocare un ruolo fondamentale in questo suo processo di tentata autodistruzione.

Processo che, però, nella pellicola di Dexter Fletcher non raggiungerà mai gli apici di quella follia che la nostra testa aveva cominciato a pregustare: e non perché noi avessimo a riguardo chissà quali alte aspettative, ma semplicemente perché “Rocketman” preferisce essere più un omaggio, una celebrazione all'artista, che quella biografia grossomodo fedele a cui una parte di noi sperava di assistere. Come in “Bohemian Rhapsody” allora – che, non a caso, proprio da Fletcher era stato ultimato, dopo l’allontanamento di Singer – anche qui a dominare è lo spettacolo, il fan-service: in maniera più elegante, curata e coerente, forse, ma sempre schiava di quella regola che impedisce di scendere in basso, di esplorare le profondità più oscure, di portarci dentro sentieri pericolosi e scomodi da valicare. Sarà stato per via della presenza di Elton John tra i produttori, magari; per la necessità di evitare visti censura troppo elevati, o, semplicemente, per una forma di rispetto che si è voluto riconoscere all’artista; sta di fatto che le conseguenze di tali scelte stilistiche ridimensionano non poco la portata dell’operazione, la privano di un potenziale notevole, costringendola a dilatare superficialità, stravaganza e sequenze da musical, per mascherare alla meglio una drammaticità che, invece, avrebbe dovuto essere meno approssimativa e più setacciata.

Rocketman EgertonChe cos'è, allora, “Rocketman”, di preciso?
Probabilmente la risposta più giusta è quella che lo identifica come un film sul come e sul perché una stella affermata, di successo e sulla cresta dell’onda decida, ad un certo punto della sua vita, di rinunciare a sé stesso e mettersi a flirtare con la morte. Un film che parla di mancanze di affetto, della ricerca disperata di un amore, ma anche di una solitudine vista all'improvviso come cronica e definitiva e quindi da sedare attraverso tutto ciò che è lecito, ma pure illecito: arrivando a una sofferta e coraggiosa rinascita solo a conclusione del viaggio. Questo per quanto riguarda i temi universali, almeno. Perché poi c’è tutto il discorso circoscritto alla figura di Elton John – interpretato magnificamente e fedelmente da Egerton – al suo modo eccentrico di esibirsi e di salire sul palco; al talento innato nel suonare il piano, senza perdere di vista quel rapporto di fraterna amicizia, duraturo e meraviglioso, col suo paroliere storico Bernie Taupin – un rapporto che si poteva, sicuramente, delineare assai meglio di quanto si è stati capace.

Al netto di tutto, perciò, al rocket del titolo sentiamo di paragonare il progetto, le canzoni, senza ombra di dubbio, il personaggio (e l'attore), ma non una pellicola che se (e quando) si accende e si alza da terra, riesce ad avere l’autonomia di un aeroplanino di carta. Uno di quelli fatti bene, sia chiaro, che volano più di molti altri che, al contrario, atterrano dopo una manciata di secondi. Ma che perderebbero, comunque, il confronto se messi vicino a un razzo autentico, destinato a sfiorare il cielo.

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