Parasite - La Recensione

Parasite Film
La crisi, la precarietà, il futuro incerto.
Sono tematiche diventate universali; che puoi spostarti o migrare dove ti pare e piace, ma non esiste luogo in cui puoi mettertele davvero alle spalle. Il dislivello tra classi è aumentato – e continua ad aumentare - considerevolmente e le conseguenze in una società che non fa nulla per invertire la tendenza possono portare, a lungo andare, a preoccupanti punti di rottura.

Come succede nel “Parasite” di Bong Joon-ho, dove una famiglia caduta nel lastrico più totale prova a rialzarsi a colpi di sotterfugi e inganni facendosi assumere a turno - e nascondendo la parentela - da un’altra famiglia più ricca, alla ricerca inizialmente solo di un tutor di inglese adeguato alla formazione universitaria della figlia maggiore. Da una piccola opportunità nasce quindi un piano divertente, quanto complesso, spietato e pericoloso, con il quale fratello, sorella, padre e madre riescono a mettere una bella pezza alla scarsità di risorse economiche che li affliggeva, approfittando della semplicità e dell’ingenuità di una giovane coppia, facilmente raggirabile e troppo, decisamente troppo attenta alle apparenze – come spesso accade quando di mezzo c’è uno status da difendere. Parassiti, come dice il titolo, sebbene dipenda sempre da che punto di vista si voglia vedere la faccenda: perché se è vero che da una parte c’è chi si aggrappa ferocemente – e scorrettissimamente - alla ricchezza altrui per sbarcare il lunario, dall’altra c’è chi fa lo stesso – in generale - sfruttando la mano d’opera e la fatica di altri per pura pigrizia e vanità, spesso – anche se non è questo il caso – sottopagando, o non pagando proprio: e permettendosi di umiliare in privato (o in pubblico) e a più livelli, magari, chi, per motivi diversi o semplicemente per sfortuna, non ha potuto godere dei loro stessi privilegi o lussi.

Parasite CannesMa nonostante la pellicola di Bong Joon-ho porti ad attivare certi discorsi, non è su quelli che in realtà intende soffermarsi. Il regista sud-coreano, infatti, è maggiormente attento a delineare i suoi personaggi, le loro emozioni, costruendo una storia che monta gradualmente coinvolgimento e suspense, passando dalla commedia di partenza al thriller, al mistery, fino a raggiungere e ad abbracciare quel dramma fasciato sottopelle. Un crescendo di sussulti che incolla letteralmente alla poltrona, che con un colpo di scena dopo l’altro sprigiona nel nostro corpo una sorta di adrenalina visiva dalla quale è impossibile restare immuni, soprattutto per via di una capacità di fare Cinema, e di creare Cinema, che sicuramente non è da tutti, anzi.
Perché ci sono sequenze – come quella in cui troviamo In Ginocchio Da Te di Gianni Morandi in sottofondo – in “Parasite” che ti rimangono stampante in testa e a cui non puoi smettere di pensare; sequenze contornate da inquadrature maestose, accompagnate da movimenti di macchina perfetti, e che contribuiscono a lanciare il film verso vette altissime che generano vertigini e ne suggeriscono la straordinarietà.

Prima ancora di emettere (personale) verdetto sul naufragio economico e sociale della Corea del Sud – ma non solo - Bong Joon-ho riesce, quindi, a erigere (e a scrivere) un’opera enorme, imponente, magnetizzante. Torna a parlare di lotte di classe, di guerre tra poveri (come fece nell'ottimo “Snowpiercer”), ma con un carico di brillantezza e di tiro che gli permettono di realizzare uno dei suoi lavori migliori in assoluto.
Complice pure un finale romantico, e per certi versi toccante, che sa tanto di non avverabile e, forse, di politicamente scorretto.

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