It: Capitolo Due - La Recensione

It: Capitolo Due Film
Uno dei momenti più esilaranti di questo “It: Capitolo 2” – tolti i camei di Peter Bogdanovich e Stephen King – riguardano i commenti che vengono rivolti al Bill adulto di James McAvoy, in merito al suo lavoro di scrittore. Tutti, infatti, dal regista che sta adattando un suo romanzo per il grande schermo, alla sua compagna che non ce la fa a trattenersi, passando anche per il club dei perdenti, gli rammentano che sui finali – usando un eufemismo – la sua inventiva lascia piuttosto a desiderare.

E fa ridere perché ti viene in mente subito Stephen King, pensi agli adattamenti che i suoi di romanzi hanno avuto al cinema, alla quantità di modifiche che hanno ricevuto e che di rado si son rivelate fortunate, in quello che poi è, e resta, un dibattito soggettivo rovesciabile solo in determinate eccezioni. Persino questa ennesima rivisitazione del suo “It” per buona parte è stata rivista e ritoccata, ce ne eravamo accorti già nel primo capitolo, accettando e vagliando la questione non appena quell'atmosfera magica – comprensibile unicamente da chi ha letto il libro – che speravamo (pretendevamo?) di ritrovare cominciava a farsi viva, promettendoci che, per quanto diversa, l’esperienza cinematografica non avrebbe tradito affatto quella cartacea. Una promessa mantenuta a metà, però. Una promessa che questo capitolo due si rimangia con la stessa violenza e spietatezza tipiche del suo villain. Perché ammesso e non concesso che si possa alzare il gomito, esagerare con certe libertà – persino laddove non sia necessario – e sforbiciare, quando è necessario per ridimensionare il volume, non è tollerabile per nessunissima ragione al mondo che vadano a perdersi o a mozzarsi i legami con l’opera originale: ovvero con una storia che fa paura quando deve fare paura, ma che non gira mai esclusivamente intorno a quello; con una storia che parla di amicizia, di unione, ma soprattutto di crescita, e che mette al centro una lotta contro il male che metaforicamente rappresenta ben altro rispetto a quello che la pellicola di Andrés Muschietti semplificando (troppo) esprime.

It: Capitolo Due MuschiettiCi sono errori imperdonabili, allora, sui quali passare sopra, con tutta la buona volontà, non è possibile.
Il più grave è l’aver costruito una narrazione incapace – più di quanto accadesse nella prima parte, dove già si intravedeva tale difetto – di darsi un respiro profondo, di farci conoscere meglio i protagonisti, farci entrare in maggiore empatia con loro: si, ok, sono spaventati perché un clown assassino vuole ucciderli, ma dietro quella paura c’è dell’altro, dietro quel timore di agire o non agire ci passa un mare di roba, una roba che si intuisce appena (e che non può essere data per scontata). Un sacrificio eseguito, probabilmente, per soddisfare il bisogno di un horror a stampo commerciale. E qui veniamo all'altra nota dolente dell’operazione, specialmente per via di quella rincorsa allo spavento facile, capitanato da jumpscare, che costringe a un montaggio poco omogeneo, con scene incollate a catena, che penalizzano il ritmo e, a tratti, fanno sorgere il dubbio di trovarsi di fronte a una rassegna di corti a tema. Una sequela di passi falsi, o perlomeno demoralizzanti, che trova la quadra in un finale che – come quelli rinfacciati al Bill adulto – non regge e spiazza negativamente: e non perché tradisce il romanzo – quello sarebbe il minimo – ma perché tradisce e ridimensiona il mito, la forza e la suggestione di un cattivo che non può ridursi a giocare il ruolo di coperta di Linus.

Perciò no, non è questo l’adattamento di “It” che stavamo aspettando.
Lo pensavamo, forse. Lo speravamo, sicuramente, ma non è così. E non è una questione di luoghi comuni, non si tratta di “è, ma il libro è sempre meglio, si sa”: perché non era l’attaccamento o l’autenticità delle pagine che chiedevamo di proteggere a questa nuova versione. Casomai erano le emozioni, i sobbalzi, il batticuore, sensazioni che – stando a quanto visto – non si è neppure provato a ricostruire.
E questa è, indiscutibilmente, la delusione maggiore.

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