Yesterday - La Recensione

Yesterday Film
Cosa succederebbe se, per un motivo qualsiasi, facciamo un blackout, il mondo perdesse alcuni dei suoi dati? Succede spesso con gli hard disk, con gli apparati elettronici muniti di schede di memoria: un imprevisto, un errore di sistema e come per magia, di certi file, di certe foto, di certi ricordi non rimane nulla, il vuoto assoluto. Partendo, forse, da questa intuizione (o forse no), lo sceneggiatore Richard Curtis si è chiesto, quindi, cosa potrebbe accadere se a finire nel dimenticatoio, disgraziatamente, fossero i Beatles: se la loro musica e le loro canzoni scomparissero per sempre e completamente, restando nella testa solo di un aspirante cantante che non ce la fa a sfondare.

È un canovaccio brillante e vivace, allora, quello che fa da spalla a “Yesterday”, un canovaccio elastico, poliedrico, che – come qualcuno ha correttamente fatto notare – poteva essere cantato e arrangiato in due modalità antitetiche: ragionando seriamente sull'importanza dei Beatles e sull'eredità che (ci) hanno lasciato, oppure attraverso la strada della leggerezza, dei ritmi scanzonati e dei testi convenzionali, tipici del pop. Ora, nonostante la prima opzione sarebbe stata l’ideale e avrebbe dato vita a una pellicola di tutt'altro spessore, il copione che Curtis consegna nelle mani di Danny Boyle prevede che a prevalere debba essere la seconda, con il conflitto tra amore e successo che colpisce il protagonista, non appena la fama comincia a tallonarlo per quelle canzoni meravigliose che fanno sciogliere il mondo intero. Eppure non è un passo falso come a orecchio rischia di suonare, quello commesso dal duo, perché la commedia romantica che ne viene fuori, al netto della generosità di zucchero, scalda il cuore e strappa sorrisi – non è solo il gruppo di Liverpool a svanire, c’è dell’altro – compiendo in forma assai più epidermica, ma incisiva, anche quel discorso legato all'importanza di quei pezzi – e di una band - che hanno contribuito a scrivere la Storia della musica.

Yesterday CurtisLe soddisfazioni migliori di “Yesterday”, tuttavia, arrivano dal contorno; dal quel mondo simile al nostro, ma diverso, da cui ogni volta l’immaginazione di Curtis è in grado di cavare un personaggio, un monologo o una scena che ti restano addosso, scolpiti a fondo. In questo caso, probabilmente, l’apice è raggiunto da una trovata che vede Jack – il protagonista – incontrare una persona molto speciale, capace di rimetterlo in riga e di fissare l’ordine delle priorità – sue, ma di chiunque, alla fine – da (in)seguire. Si tratta di una scena che, a pensarci bene, stava lì a portata di mano, ma che allo stesso tempo (ci) appare assurda e inverosimile; una scena cruciale, perché fa (non) prendere al film una piega specifica, indirizzandolo verso una conclusione prevedibile (sentimentalmente), ma per determinati aspetti pure malinconica, audace e spiazzante.
Il resto, invece, è ordinaria amministrazione. Ma di quell'ordinaria che però sa quasi di straordinario, se consideriamo la qualità dei tempi, delle virgole e dei puntini messi nero su bianco da un direttore d’orchestra che praticamente è una garanzia: capace di far cadere in secondo piano persino un Boyle inspiegabilmente (o volontariamente?) sottotono, autore di una regia in cui passa inosservato.

Così, quando a trionfare – e piuttosto facilmente – sono l’amore, la condivisione e la sincerità, non fai troppo caso alla retorica – che comunque resta controllata – pensi più che non poteva essere altrimenti, che non avresti saputo fare (o accettare) di meglio. Che dentro quel mondo – quello di Richard Curtis – sarebbe bello se un giorno ti ci svegliassi anche tu, fa niente se per colpa di un blackout o di un errore a piacere.

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