Zombieland: Doppio Colpo - La Recensione

Zombieland 2 Poster
Del caso-Zombieland, in Italia, abbiamo vissuto l’eco.
Mentre in America la pellicola di Ruben Fleischer si apprestava a diventare un cult, da noi regnava ancora il silenzio assoluto: che rimase tale fino a quando il tam-tam di internet non cominciò a trasformarsi in boato e gli appassionati di cinema più incalliti non trovarono il modo di sopperire alla mancata distribuzione del titolo nelle nostre sale attraverso i metodi più disparati. Fenomeno che scatenò una serie di consensi positivi – se non addirittura entusiastici – che, nel giro di un anno, permisero al film di arrivare sul nostro mercato, quantomeno nella sua edizione home video.

Da quel momento in poi, di “Benvenuti A Zombieland” – così è stato rinominato – non se ne parlò più: un po’ perché – sostanzialmente – era stato già detto tutto, un po’ perché – onestamente – non valeva la pena disturbare un fortunatissimo successo commerciale, solo per vedere se spremendolo ulteriormente potesse contenere altro succo (e poi questa politica dei parchi a tema, al cinema – nonostante il film si concludesse proprio in un parco giochi – all'epoca era in fase semi-embrionale). Fatto sta che son dovuti passare dieci anni per far sì che regista e sceneggiatori prima, e intero cast poi, riuscissero a trovare l’accordo, l’interesse e la voglia (e il tempo?) per rimettersi insieme e dare seguito a quell'avventura, alle dinamiche di quella assurda famiglia che trova, adesso, nuovi stimoli (e nuovi problemi) dalla crescita e dalle necessità fisiologiche della non più bambina Little Rock, impersonata da Abigail Breslin. Parte dal suo stato emotivo questo “Zombieland: Doppio Colpo”, dalla donna che è diventata – sebbene Woody Harrelson continui a vederla come non fosse mai cresciuta – e che sente il bisogno impetuoso di lasciare l’ovile, andando alla ricerca di coetanei con cui condividere interessi, passioni e, magari, sperimentare anche quell'insolito sentimento chiamato amore. Nel frattempo – ci informa il Columbus di Jesse Eisenberg – gli zombie là fuori hanno cominciato ad ambientarsi, a mutare, a differenziarsi: con l’avvento di specie evolute e pericolosissime, sulle quali domina quella tignosa e robusta, ribattezzata T-800.

Zombieland: Doppio ColpoRiferimento non casuale, del resto. Come nemmeno l’unico dedicato da Fleischer e compagni al “Terminator 2: Il Giorno Del Giudizio” di James Cameron. Un’istituzione quando si parla di sequel al cinema; un esempio; un punto di arrivo. Ambizione da capogiro che “Zombieland: Doppio Colpo” ha la consapevolezza (e l'intelligenza) totale di non poter (e voler) raggiungere, ma di cui si serve come fosse un amuleto, procedendo saldissimo per la sua strada conosciuta, costruita sempre a colpi di risate, sbeffeggi verso il genere e un pizzico di cuore. Un mix rinnovato, qui, dall'entrata in scena di personaggi azzeccatissimi, sui quali spicca notevolmente la svampita Madison di Zoey Deutch, sulla quale spareranno a zero più o meno tutti, con Emma Stone a fare da maliziosa capitana (mossa dalla gelosia). La sorpresa maggiore, tuttavia, è rappresentata dal gusto, dalla scioltezza e dall'alchimia inesauribile e inesaurita, che non ci fa sentire nemmeno per un istante il peso di quel grosso lasso di tempo che, in realtà, è passato: come se tutta l'acqua sotto i ponti che doveva scorrere nel mentre, avesse deciso di fermarsi, aspettando la reunion per non rischiare di far danni.

E danni non ne fa, allora, questo secondo capitolo, anzi, a dire il vero fa unicamente del bene: perché una volta terminato il bis – con una scena post titoli di coda che non dovete assolutamente perdere – il desiderio è quello di non vedere l’ora di organizzare al più presto una double-feature e vivere l’esperienza-Zombieland in un sol colpo. Visto e considerato che da certe separazioni, non può resistere in eterno.

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