Che Fine Ha Fatto Bernadette? - La Recensione

Che Fine Ha Fatto Bernadette? Poster Film
Che siamo in un film di Richard Linklater lo capiamo da una scena: quella in cui la Bernadette del titolo è in macchina con la figlia a cantare a squarciagola una canzone – Time After Time di Cyndi Lauper – riprodotta dallo stereo e, ad un certo punto, non riesce a trattenere le lacrime, facendosi prendere dalla commozione e lasciandosi andare a una confessione nella quale ammette che le sue difficoltà sono rappresentate dalla banalità della vita.
Un momento di cinema appassionato, emozionante, dove la fragilità di una donna, apparentemente scontrosa e fredda col mondo intero, viene fuori, evidenziando un'implosività che comincia a vacillare.

Perché nascosta in profondità, sotterrata dagli abiti che indossa, dalle medicine che colleziona (e che prende), dalle nevrosi e dalla solitudine che dice di volere intorno, la Bernadette di Cate Blanchett ha una pagina nera, legata alla sua carriera professionale (considerevole) di architetto, che per orgoglio e per il trauma che le ha provocato non intende più né vedere, né metabolizzare. Si è bloccata, infatti, protetta da una casa che finge di ristrutturare in eterno, da un’assistente indiana virtuale che considera la sua migliore amica e dal ruolo di madre che, probabilmente, è ciò che la rende più fiera e più viva: anche perché quello della moglie, con un marito ossessionato dal lavoro e quasi sempre altrove, è praticamente da considerarsi in stand-by come il resto. Una routine, la sua, che pare aver trovato una sorta di equilibrio mortifero duro abbastanza da resistere a ogni genere di attacco o di minaccia esterna: sebbene si riveli fragile come un burro di fronte al desiderio di una figlia che sogna disperatamente di andare in vacanza, in Antartide, con la propria madre e il proprio padre.
Ma che fine ha fatto Bernadette? Quel genio di creatività di cui scrivevano i giornali e di cui parlavano le televisioni, è ancora lì, in quel corpo, in attesa di essere risvegliato, oppure è solo un ricordo? La versione passata di una donna che non è riuscita a reagire alle tempeste della vita?

Che Fine Ha Fatto Bernadette LinklaterPorta al cinema il romanzo di Maria Semple, allora, Linklater, adattandolo a modo suo (con l’aiuto di Vincent Palmo Jr.) e scoprendo forse, troppo tardi, di non averne centrato correttamente la direzione e lo spirito. Guardando “Che Fine Ha Fatto Bernadette?” accade qualcosa che solitamente, non dovrebbe mai accadere, di fronte alla pellicola di un autore: pensare che la storia che si sta seguendo avrebbe reso nettamente meglio se affidata in mani differenti. Nel caso specifico (e secondo chi scrive), in quelle di uno come Wes Anderson. Sarebbe stato perfetto, lui, per esaltare la smisurata quantità di elementi assurdi, divertenti e al limite dello straordinario contenuti nel copione, e che fanno inesorabilmente scopa con un cinema che non ha nulla a che vedere con quello splendido, ma piedi a terra e verismo, tipico di Linklater. Il suo desiderio – ragionevole e comprensibile – probabilmente era quello di scostarsi un po’ da territori fin troppo familiari; di sperimentare sfumature diverse, ai limiti del surreale, ma ciò gli fa perdere lucidità, precisione e personalità, nell'economia di un racconto confuso pure nella centralità del suo punto di vista (inizialmente doveva essere la piccola Bee, ma cause di forza maggiore poi forzano a un tradimento).

Tant'è che viene da chiederselo, in conclusione (e considerando il vedo/non vedo): “Che fine ha fatto Richard Linklater? Veramente la sua impronta, stavolta, è percepibile nell'arco di un'unica scena?". 
La risposta è si, a grandi linee. Ma per fortuna le conseguenze, per lui, non sono così amare. Perché per quanto non a suo agio e costretto a rincorrere un ideale di film che non riesce a raggiungere, le sue capacità, la sua tenacia e il suo cuore gli permettono di istituire comunque un po’ di calore nel mezzo di una freddezza che, di certo, non faceva parte dei piani.
Fermo restando che, da parte nostra, le aspettative erano decisamente più grandi e più alte.
Indubbiamente, meno algide.

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