Un lavoro che nella pellicola diretta da Jay Roach – per questioni di tempo, ma pure di interesse – è presente, ma in una forma profondamente mitigata, perché oscurata dalle voci e dalle paure di tre donne che da quel Capo e da quel Padrone sono state costrette per anni a subire regole, insulti e abusi. Una verità alla quale la sceneggiatura scritta da Charles Randolph arriva facendo il giro largo: partendo dalla corsa alle Presidenziali Americane del 2016, con Donald Trump fortemente appoggiato da Ailes e dal suo network, nonostante alcune dichiarazioni sessiste impugnate dalla giornalista della redazione Megyn Kelly, repentinamente rimessa al suo posto e colpita da una shitstorm privata e social. Una pagina di cronaca – vediamo i tweet originali dedicati dall'attuale Presidente degli Stati Uniti alla donna – e una pagina politica utile a entrare e analizzare, da vari angoli e da varie sfumature, quei meccanismi subdoli, di carattere psicologico, venuti a galla recentemente con l’esplosione dei movimenti femministi Me Too e Time’s Up, che per “Bombshell: La Voce Dello Scandalo” rappresentano – fino a prova contraria – l’ispirazione vera e essenziale, superando di gran lunga la questione del caso-Ailes e la misura dei suoi tentacoli (che in apertura viene ammesso di avere esplicitamente romanzato e non seguito alla lettera).
Sono i personaggi di Charlize Theron, Nicole Kidman e Margot Robbie a svelare – tramite loro esperienze dirette – come può funzionare un sistema di stampo prettamente maschilista, allora. Come può condizionare la quotidianità, i comportamenti e le scelte da compiere se la consapevolezza è quella di un potere che non sarà mai dalla tua parte: stimolando di riflesso quel senso d’impotenza e d’inferiorità che porta facilmente a pensare che forse l’equivoco, l’imbarazzo o l’umiliazione, sia in qualche modo figlio di un errore involontario commesso dalla preda. Una distorsione della realtà (e dei fatti) che purtroppo – e questo lo capiamo proprio con l’aiuto di quel distacco preso dalla vicenda – è impossibile immaginare confinata solo all'interno della redazione di Fox News, visto che per com'è oliata, gestita e sopportata dalle vittime, sottende inevitabilmente avere carattere di tipo universale, ordinario: come poi dimostrerà il tempo e le varie testimonianze raccolte, che hanno visto allargare lo scompiglio a molteplici nomi e ambienti.
Certo, Roach si guarda bene dall'evitare di passare per quello non imparziale: dedicando qualche frame pure a quelle donne cui svendersi faceva comodo più di quanto potesse farlo il pretendere giustizia. Ma è una sponda della storia a cui “Bombshell: La Voce Dello Scandalo” dedica meno attenzione, meno cura. Una delle tante, a dire il vero, per un film che probabilmente aveva le armi per svolgere un'inchiesta migliore, e che dà la sensazione di avere avuto, nelle intenzioni, forze maggiori rispetto a quelle esibite in resa.
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