Magari non per quanto riguarda lo spazio, visto che tutto si concentra all'interno di una sola giornata – quella vissuta da un poliziotto appena arrivato nella periferia di Montfermeil (per avvicinarsi al figlio che vive con la sua ex) e dato in pasto a due colleghi che lo portano subito a conoscere una realtà assai distante da quella cui proveniva – ma di sicuro per quanto riguarda i temi.
La Francia sta per proclamarsi vincitrice dei Mondiali 2018, infatti, e nonostante le immagini mostrino un paese unito trasversalmente dai festeggiamenti, chi deve gestire l’ordine in determinate zone del paese, sa benissimo che quel deterrente – ora ossigeno – evaporerà molto presto. Perché nelle zone abitate dai poverissimi, dove la popolazione è multiculturale e il degrado una routine, servirebbe un intervento assai più incisivo di una conquista sportiva per migliorare davvero le cose; un intervento che teoricamente dovrebbe partire dall'alto, da uno Stato assente e che nel comune di Cherourg – che potremmo identificare come specchio di tanti analoghi comuni – è affidato invece a poliziotti aggressivi e violenti, abituati a stringere accordi con malviventi del quartiere per fare in modo che ogni eventuale caos o spirito di ribellione venga immediatamente contenuto e soppresso. Una molla carica, quindi, costantemente a rischio cedimento; una scintilla sempre accesa che potrebbe far scoppiare una guerra da un momento all'altro. Che poi è ciò che succede, fondamentalmente. Quando un cucciolo di leone viene sottratto al circo degli Zingari della zona e i poliziotti incaricati di ritrovarlo finiscono col farsi prendere troppo la mano e ferire gravemente un ragazzino, il tutto mentre un drone cala sulle loro teste riprendendo la scena e minacciando la loro carriera (e la loro tirannia).
Fotografia di carattere universale sulla quale, spesso, si cerca di girare la testa, di chiudere gli occhi, di tapparsi le orecchie. Ci incastra di fronte a questa scomoda verità “I Miserabili”, trascinandoci dentro lo sporco, la miseria e la condivisione di un territorio dimenticato, dato in prestito – praticamente – a degli sceriffi, autorizzati a compiere qualunque tipo di azione pur di silenziare e mantenere sotto il tappeto evidenti problemi sociali. E con la camera a mano e le riprese strette – che privilegiano i primi piani, le reazioni, le paure – di cui raramente Ladj Ly decide di privarsi, sembra quasi di calarci anche noi in prima persona in questo far-west suburbano; di ascoltare quel suono di quiete prima della tempesta, di respirare il caldo torrido di una giornata che arriverà a toglierci repentinamente il respiro. Perché sebbene la corda sembri stabile, e capace di tenere il (grosso) peso della gravità degli eventi più del previsto (da chiunque), è altrettanto vero che una molla carica, per definizione, prima o poi è destinata saltare, così come una scintilla, per natura, deve infiammare.
Perciò è quando meno te lo aspetti – ma comunque lo vorresti – che “I Miserabili” sferra il colpo.
Quando la direzione presa pare essere un’altra: affidata al buon senso, alla redenzione. Ma poi ci rifletti e ti dici che sarebbe stato troppo retorico e troppo in opposizione rispetto al resto, se effettivamente la curva presa avesse piegato in tal senso; che forse una chiusura sospesa era la soluzione migliore: l’immagine più potente per la richiesta di ascolto che si stava cercando.
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