I Miserabili - La Recensione

I Miserabili 2019 FilmNo, non è l’ennesima riproposizione del romanzo di Victor Hugo, sebbene la storia raccontata da Ladj Ly potrebbe fungere perfettamente come sua rilettura libera e moderna.
Magari non per quanto riguarda lo spazio, visto che tutto si concentra all'interno di una sola giornata – quella vissuta da un poliziotto appena arrivato nella periferia di Montfermeil (per avvicinarsi al figlio che vive con la sua ex) e dato in pasto a due colleghi che lo portano subito a conoscere una realtà assai distante da quella cui proveniva – ma di sicuro per quanto riguarda i temi.

La Francia sta per proclamarsi vincitrice dei Mondiali 2018, infatti, e nonostante le immagini mostrino un paese unito trasversalmente dai festeggiamenti, chi deve gestire l’ordine in determinate zone del paese, sa benissimo che quel deterrente – ora ossigeno – evaporerà molto presto. Perché nelle zone abitate dai poverissimi, dove la popolazione è multiculturale e il degrado una routine, servirebbe un intervento assai più incisivo di una conquista sportiva per migliorare davvero le cose; un intervento che teoricamente dovrebbe partire dall'alto, da uno Stato assente e che nel comune di Cherourg – che potremmo identificare come specchio di tanti analoghi comuni – è affidato invece a poliziotti aggressivi e violenti, abituati a stringere accordi con malviventi del quartiere per fare in modo che ogni eventuale caos o spirito di ribellione venga immediatamente contenuto e soppresso. Una molla carica, quindi, costantemente a rischio cedimento; una scintilla sempre accesa che potrebbe far scoppiare una guerra da un momento all'altro. Che poi è ciò che succede, fondamentalmente. Quando un cucciolo di leone viene sottratto al circo degli Zingari della zona e i poliziotti incaricati di ritrovarlo finiscono col farsi prendere troppo la mano e ferire gravemente un ragazzino, il tutto mentre un drone cala sulle loro teste riprendendo la scena e minacciando la loro carriera (e la loro tirannia).

I Miserabili Ladj LyFotografia di carattere universale sulla quale, spesso, si cerca di girare la testa, di chiudere gli occhi, di tapparsi le orecchie. Ci incastra di fronte a questa scomoda verità “I Miserabili”, trascinandoci dentro lo sporco, la miseria e la condivisione di un territorio dimenticato, dato in prestito – praticamente – a degli sceriffi, autorizzati a compiere qualunque tipo di azione pur di silenziare e mantenere sotto il tappeto evidenti problemi sociali. E con la camera a mano e le riprese strette – che privilegiano i primi piani, le reazioni, le paure – di cui raramente Ladj Ly decide di privarsi, sembra quasi di calarci anche noi in prima persona in questo far-west suburbano; di ascoltare quel suono di quiete prima della tempesta, di respirare il caldo torrido di una giornata che arriverà a toglierci repentinamente il respiro. Perché sebbene la corda sembri stabile, e capace di tenere il (grosso) peso della gravità degli eventi più del previsto (da chiunque), è altrettanto vero che una molla carica, per definizione, prima o poi è destinata saltare, così come una scintilla, per natura, deve infiammare.

Perciò è quando meno te lo aspetti – ma comunque lo vorresti – che “I Miserabili” sferra il colpo.
Quando la direzione presa pare essere un’altra: affidata al buon senso, alla redenzione. Ma poi ci rifletti e ti dici che sarebbe stato troppo retorico e troppo in opposizione rispetto al resto, se effettivamente la curva presa avesse piegato in tal senso; che forse una chiusura sospesa era la soluzione migliore: l’immagine più potente per la richiesta di ascolto che si stava cercando.

Trailer:

Commenti