Il Discorso Perfetto - La Recensione

Il Discorso Perfetto Poster
Il discorso perfetto è quello che Adrien dovrebbe fare al matrimonio della sorella. Tutta colpa del suo futuro cognato: che durante una cena di famiglia – in un istante di intimità – si rivolge a lui con questa richiesta, ribattendo ogni tentativo di rifiuto e incastrandolo definitivamente col ricatto emotivo del “se lo facessi, lei ne sarebbe davvero felice”. Il problema è che Adrien sta vivendo un periodo di disperazione pura: la sua ragazza gli ha chiesto una pausa che dura da trentotto giorni e lui, proprio qualche ora prima di quella serata, non è riuscito a resistere alla tentazione di mandarle un messaggio – visualizzato – nel quale domandare se stesse bene. 

E in realtà la commedia scritta e diretta da Laurent Tirard – basata sul romanzo di Fabrice Caro, fino ad ora giudicato impossibile da adattare al cinema – parte proprio da lì, da una separazione che getta il protagonista in uno stato di insicurezza e di fragilità tali, da spingerlo a cominciare un processo di autocoscienza col quale mettersi a nudo e, forse, trovare il modo di schiarirsi le idee. Un espediente scenico comunemente teatrale, che al cinema – nonostante il recente abuso – riesce comunque a dare i suoi frutti: rompendo il muro della quarta parete e coinvolgendo lo spettatore in forma dinamica e diretta. In questo modo empatizzare con Adrian, comprenderlo e ridere per le (e delle) sue nevrosi – che sono quelle di tutti noi quando affrontiamo dilemmi amorosi – diventa la cosa più facile del mondo, alla stregua di come ci viene spontaneo suggerirgli di non commettere quell'azione perché non farà altro che complicargli le cose. Quella di Tirard infatti è una pellicola che per certi versi rischia pochissimo, che spende ogni carta a sua disposizione per agevolarsi la strada, andare sul velluto, ma che riesce a fare tutto questo con la brillantezza di una scrittura così vivace e umoristica, che è assai gradevole da degustare e abile a trascinare. 

Il Discorso Perfetto Film
Nei sogni, nel romanticismo e nelle paure di Adrian, del resto, galleggiano un po’ anche quelli che sono i nostri di sogni, di romanticismi e di paure: essere all'altezza della situazione; avere il coraggio di dire, a prescindere, ciò che si pensa; trasformarsi nell'uomo ideale per rendere felice sempre la donna al nostro fianco. Proiezioni mentali che conosciamo benissimo, distrutte in pochi istanti da una realtà spietata che ci ricorda – forse con troppa onestà e con troppo pragmatismo – chi siamo veramente e quali siano i nostri limiti. Ricerca e bisogno (necessità?), quindi, di una perfezione che a questo mondo appartiene a pochi, se non addirittura a nessuno. E per capirlo Adrian dovrà tribolare fino a quando la sua stupida cena – dalla quale non vede l’ora di fuggire via – arriverà finalmente al momento del dolce: al momento della solita torta allo yogurt di mamma, la quale anziché esortarlo a fare la telefonata più sbagliata della sua vita, si trasformerà imprevedibilmente in una torta di pere e cioccolato dal sapore (e dall'artefice) rivelatorio. 

Sebbene parta con premesse decisamente (e potenzialmente) più alte, “Il Discorso Perfetto” taglia il traguardo, allora, appianando leggermente le sue ambizioni. Una maggior coerenza nel terzo atto – sfruttando maggiormente, anche, l’impostazione teatrale – avrebbe potuto concedergli uno spessore e un valore molto più ampi e incisivi. Ciò non toglie, tuttavia, che la pellicola di Tirard non perda mai piacevolezza, spontaneità e quella voglia – che è il suo interesse principale, magari – di mettere di buon umore lo spettatore, il quale lascerà la sala sicuramente più soddisfatto e sereno di come ci era entrato.

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