Un appunto che non serve a Gianni Zanasi per passare per il veggente che non è e che non vuole essere - anche se un suo amico, glie lo scrive - ma per aiutare lo spettatore a non cercare in "War: La Guerra Desiderata" qualche genere di contatto - o di strumentalizzazione - con quanto sta accadendo attualmente tra la Russia e l'Ucraina.
Perché il suo film - sebbene parli di un incidente diplomatico che porta la Spagna (e la Francia) a dichiarare guerra all'Italia - parla di tutt'altre cose. Di tante cose. Talmente tante che, alla fine, e fisiologicamente, non può che andare a colpire pure le stanze del potere e gli uomini (e le donne) che sono seduti all'interno: persone non all'altezza e alla ricerca di un'identità che neppure loro conoscono davvero. Però, in questa folle e paradossale storia, i veri protagonisti siamo noi. Gli italiani. Anzi, gli esseri umani. Messi di fronte a quello specchio che abbiamo sempre evitato (e che continuiamo ad evitare), incoraggiati da una droga - la guerra - che ci obbliga a vivere l’attimo, a rinunciare alle distrazioni e a non poter più pianificare, o rimandare qualcosa. Improvvisamente ogni scelta è immediata, è urgente. E allora giù col caos e con la paura. Giù col terrore e con la violenza; con la sperimentazione di comportamenti che, fino al giorno prima, magari, nessuno si sarebbe mai sognato di mettere in atto. La difesa della patria diventa un pretesto per costruirsi un nuovo posto nel mondo, un mondo che rischia di ospitarci per una durata inferiore alle aspettative, forse, ma se quella durata è spendibile da protagonisti e non più da comparse, per qualcuno è comunque un affare da non lasciarsi sfuggire.
E da questo scenario, loro malgrado, vengono travolti anche Tom e Lea: il primo per sopravvivenza e solitudine, la seconda perché convinta di rappresentare la chiave per far cessare il conflitto.
“Ma quand’è che siamo usciti tutti fuori di testa?”, chiede lei a lui.
Un quesito lecito, che trascende la finzione e attraversa lo schermo.
Un quesito lecito, che trascende la finzione e attraversa lo schermo.
Del resto, nei film di Zanasi è così, si finisce puntualmente col sollevare questioni esistenziali e con l’essere travolti da conflitti – in senso metaforico – che trascinano i protagonisti a guardarsi dentro e noi spettatori a seguirli a ruota. E che la nostra società sia malata, alla deriva e coltivi quotidianamente una sorta di passione verso il seme della follia, non è certo un segreto. Lentamente, il senso della comunità sta perdendo di significato, l’egoismo – sia quello personale che quello nazionale – cresce a vista d’occhio e l’idea che ognun per sé e Dio per tutti rischia di trasformarsi in un motto – ce lo dice la politica mondiale recente – trascinante, responsabile di false speranze e di altrettanto false rivincite.
E dove andremo a capitolare, se non dovessimo ritrovare il senno, “War: La Guerra Desiderata” prova a mostrarcelo, a mettercelo sotto gli occhi, pur non perdendo mai l’approccio con la commedia e con l’assurdo, attraverso i quali stempera il racconto, alleggerendo il dramma e scatenando (molte) risate.
E dove andremo a capitolare, se non dovessimo ritrovare il senno, “War: La Guerra Desiderata” prova a mostrarcelo, a mettercelo sotto gli occhi, pur non perdendo mai l’approccio con la commedia e con l’assurdo, attraverso i quali stempera il racconto, alleggerendo il dramma e scatenando (molte) risate.
Quindi: “Sta tremando tutto, oppure siamo noi?”.
E' l'ennesima – l'ultima – domanda che (si) pone Lea, e che ci poniamo noi, dopo di lei. Lo facciamo con un pizzico di ritardo, probabilmente. Consapevoli che la strada presa, seppur lontana dalle fantasie utopistiche della pellicola, non sia affatto rassicurante. Consapevoli di un futuro incerto, pericoloso e sanabile esclusivamente col ritorno trasversale di un'umanità perduta.
Quell'umanità che Zanasi non si arrende a voler difendere, e che tiene accesa a prescindere dalla (gravità) della minaccia.
Trailer:
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