Ant-Man And The Wasp: Quantumania - La Recensione

Ant-Man Quantumania Poster

Messa da parte una fase 4, a dir poco sconclusionata, dalla Marvel ci si aspettava – ok, io mi aspettavo – una sorta di passo indietro.
Pur consapevoli che the show must go on, la speranza era che lo facesse andando però a ripristinare – magari, non tutto insieme, ma per gradi – quell’ordine che ormai si era perduto; che riprendesse in mano quelle redini che tra il multiverso, gli intrecci assurdi e i (troppi) personaggi, gli erano largamente sfuggite di mano. Disegnando una fase 5 che guardasse più alla qualità delle origini e all’essenziale, in modo da ritrovare un certo equilibrio e, con esso, il divertimento.

Ragionamento che non fu mai così sbagliato, perché con “Ant-Man And The Wasp: Quantumania”, la Marvel sembra proprio impegnarsi – ma tanto, è – per portare tutta la confusione creata fino ad ora ad un livello successivo, ovvero al disastro. E non è solo un problema di trama, stavolta, della solita sceneggiatura che la butta in caciara per avvantaggiare le sorti dello spettacolo, ma di una messa in scena che non aiuta nemmeno visivamente noi spettatori a perderci in un mondo dal quale vorremmo uscire praticamente subito. Siamo tra i punti più bassi – e insopportabili – del MCU, e se questa è la via – come direbbe qualcuno – faremmo bene a registrare l’antifona e a porci delle domande. Ed è un peccato, perché Ant-Man è l’unico supereroe che si presta naturalmente al genere della commedia, a quella leggerezza che dava, appunto, la possibilità di prendere e di rimescolare (riparare?) la situazione. Gettarlo in pasto al Regno Quantico e metterlo in una condizione di perenne impotenza, spostando l’attenzione principale su quello che sarà il nuovo e temibile villain futuro, è una soluzione che non aiuta nessuno, che penalizza le caratteristiche di un attore come Paul Rudd, la (sua) comicità di fondo e pure un cattivo – il conquistatore Kang – che, pur copiandolo foneticamente, non riesce a costruire lo stesso appeal e lo stesso timore che provocava Khan nella saga di Star Trek.

Ant-Man Quantumania Rudd

E dire che le voci che avevano accompagnato questo “Ant-Man And The Wasp: Quantumania”, un principio di curiosità le avevano anche destate: a cominciare da quella che lo paragonava a una versione molto vicina al famoso “Dune” mai girato da Jodorowsky. E, in alcuni momenti, complice ovviamente questa popolazione sconosciuta che ci viene presentata per la prima volta, quel mondo lì si intravede, esce fuori, seppur non nella profondità e nell’interesse che gli si sarebbe potuto concedere. Si tratta più di spunti rubati, appiccicati con lo scotch, mai funzionali davvero in una vicenda orientata maggiormente a gettare le basi e a farlo attraverso lunghi spiegoni ed esibizioni (gratuite) di (stratosferico) potere. A volte senza nemmeno rendersi conto – o forse sì – delle esagerazioni e dei limiti in cui sconfina: come succede per il personaggio di M.O.D.O.K. che rasenta l’imbarazzante e il posticcio. E non c’è redenzione in tutto questo, non c’è la mano di una regia – affidata sempre a Peyton Reed – capace di trovare un compromesso tra le esigenze produttive e il linguaggio cinematografico e, di conseguenza, i nostri sospiri di sollievo – se arrivano – arrivano solo quando è il turno di celebrare i titoli di coda.

La linea è tracciata, quindi.
Quel passo indietro che ci si aspettava – almeno io, ripeto – si è rivelato dieci passi in avanti.
Una scelta discutibile, che stende un alone di ambiguità su ognuno dei prossimi film in uscita.
Con l’unica riserva che mi sento di assegnare a “I Guardiani Della Galassia: Vol. 3”, che con James Gunn al timone rischia di rimanere l’unico prodotto ancora commestibile dell’intero baraccone.

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