Magic Mike: The Last Dance - La Recensione

Magic Mike The Last Dance

Si intitola The Last Dance, il terzo capitolo di Magic Mike.
Come la bellissima serie tv con Michael Jordan.
Una frase che, ormai, viene utilizzata (e intesa) per rappresentare la fine di qualcosa, la chiusura di un capitolo, sebbene inserita in un contesto come questo – nel quale il protagonista è uno stripper – il dubbio che debba essere interpretata esclusivamente nella sua forma letterale, potrebbe venire.

Anche perché, narrativamente parlando, il Mike di Channing Tatum, stavolta, con la danza sembra aver chiuso davvero. Anche quando, colpito dalla pandemia, la sua attività imprenditoriale fallisce e a causa dei debiti è costretto a reinventarsi, ma preferendo il mestiere di cameriere. Il caso vuole, però, che a un evento di beneficenza, il (glorioso) passato torna a bussare alla sua porta e l’organizzatrice – una Salma Hayek miliardaria, in guerra col marito – lo convince a esibirsi in privato per lei in cambio di una cospicua somma di denaro. Ma qui cambia tutto. Non solo perché Steven Soderbergh riesce a costruire una sequenza che vale da sola il prezzo del biglietto – con un ballo sensuale che vale la scena di sesso che, subito dopo, decide di non mostrare e una fotografia a far da cornice, a dir poco splendida – ma pure perché questi due mondi, in apparenza così distanti, all'improvviso si accendono, si trovano, al punto da non volersi più allontanare tra loro e mettendo in piedi una sorta di progetto il cui intento è affermare la personalità di entrambi. Incipit che potrebbe far pensare ad un colpo alla “Ocean’s Eleven” e, invece, per quanto resti comunque un cambiamento rispetto alle premesse, è la scintilla verso qualcosa di leggermente più complesso.

Magic Mike The Last Dance

Non a caso, comincia con una voce fuori campo “Magic Mike: The Last Dance”. Con la voce della figlia adolescente di Hayek che racconta come il ballo, sin dagli antipodi, fosse una pratica utilizzata dagli esseri umani per comunicare e unire. A volte addirittura per trasgredire, aggirando le rigide convenzioni sociali. Che, se vogliamo, è una sorta di anticipazione e di sunto di ciò che proverà a dire (e a suggerire) questo terzo (e ultimo?) capitolo del franchise. Lo fa attraverso un volo pindarico che risulta, in alcuni frangenti, un po’ forzato e tirato su per i capelli, ma tanta è la voglia di far funzionare l’amalgama che alla fine riesce lo stesso a trovare i passi, a inquadrare il ritmo e apparire meno sgraziato e improvvisato del previsto. Chiamare in causa argomenti come le disuguaglianze di genere, il potere maschile (e maschilista) e quello femminile e guardare al ballo come alla soluzione definitiva, a un linguaggio nuovo da cui ripartire, perché capace di accorciare le distanze, è un processo tanto folle, quanto potenzialmente lungimirante.

E vuoi per un pizzico di furbizia, vuoi per il mestiere e l'intelligenza di un regista che nelle sfide trova sempre il modo di esaltarsi, la sensazione è che complessivamente - e magari chiudendo un occhio - i conti tornino, eccome.
Così come tornano pure l’intrattenimento e lo spettacolo - altissimo, nell'ultima mezz'ora - che restano la base e l’altezza di un prodotto istrionico e irriverente come ci ha abituato ad essere la saga di Magic Mike .

Trailer:

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