Mission: Impossible – Dead Reckoning: Parte Uno - La Recensione

Mission Impossible 7 Poster

Prima di entrare in sala, scalpitante e impaziente di vedere questo “Mission: Impossible – Dead Reckoning: Parte Uno”, stavo riflettendo sul perché di tanto entusiasmo da parte mia per un blockbuster. E l’unica risposta che sono riuscito a darmi, è stata che io, onestamente, non sono mai rimasto davvero deluso da nessun capitolo di questa saga.
Sarà per questo che – insieme a 007 – considero il franchise di Ethan Hunt un riferimento assoluto per il genere action e spy.

D'altronde, si sa, il punto di forza di “Mission: Impossible”, o perlomeno della sua prolificità, è Tom Cruise. Un Tom Cruise che, capitolo dopo capitolo, è cresciuto, è maturato, adottando letteralmente il marchio e accudendolo come un padre accudirebbe un figlio. Gli ha insegnato a stare al mondo, a difendersi, a dare sempre il massimo per evitare di avere rimpianti. E questo, per un padre, spesso, può significare anche saper riconoscere quand’è il momento di fare un passo indietro. O di lato.
Niente panico, sia chiaro. Non è uno spoiler e Cruise ha dichiarato ufficialmente di non avere la minima intenzione di farsi da parte, lasciando l’eredità a una Hollywood in crisi (d'identità).
Però.
Però in questo “Mission: Impossible – Dead Reckoning: Parte Uno” si cominciano a fare dei ragionamenti, a partire da una storia che prende di petto l’Intelligenza Artificiale e i rischi che tale risorsa potrebbe scatenare a livello globale, se evoluta a dismisura e messa in mano alla persona sbagliata. Quindi tracciamento delle nostre personalità, algoritmi e post-verità. Un cattivo meschino, ingannatore, ma soprattutto un cattivo invisibile: il che rende la sua minaccia decisamente più seria, preoccupante, complicata da gestire. E questo nonostante agisca attraverso il corpo di un essere umano: il classico villain con un passato intrecciato a quello di Hunt, che tuttavia appare decisamente più come una marionetta guidata dalle mani di un burattinaio. Ma ciò rappresenta solo lo scheletro - attualissimo e scritto in epoca pre-pandemica, per cui, a suo modo, anticipatorio - che serve a scatenare l’intrattenimento e ad accendere il motore che dà il via allo spettacolo, all’adrenalina, alla tensione.

Mission Impossible 7 Cruise

Perché guardando tra le pieghe, la sensazione che questo episodio di “Mission: Impossible” rappresenti un crocevia importantissimo per il futuro, è palese. Magari mi sbaglio e la seconda parte – perché se vi fosse sfuggito dal titolo, questa è solo metà della storia – mi smentirà, ma l’entrata in scena del personaggio di Hayley Atwell e il suo percorso all’interno della trama, sembra voler piantare dei semi che potrebbero andare a cambiare alcune carte in tavola. Tom Cruise ha un’età, ormai, e sullo schermo – nonostante ancora corra come un bambino, saltando da una montagna all’altra – si comincia a intravedere piuttosto bene. Questo non significa che abbia perso credibilità scenica, anzi, ma l’ipotesi che la sua figura possa lentamente andare ad abbandonare il ruolo di front-man, cominciando a condividerlo, magari, con qualcuno, non è così astratta come poteva sembrare qualche anno fa.
Come detto, stiamo parlando di un padre, per cui è evidente che la priorità sia rivolta principalmente a salvaguardare il bene del figlio.
Un figlio che deve continuare ad affermarsi e a brillare, perché ora, al di là di questi indizi, che possono essere reali, oppure soggettivi (illusori?), l’intrattenimento realizzato da “Mission: Impossible – Dead Reckoning: Parte Uno” è chiaramente di un livello superiore, rispetto alla concorrenza. Gli inseguimenti, i depistaggi, la sequenza sul treno nel finale, si mangiano di netto qualunque blockbuster uscito di recente, tenendo lo spettatore incollato alla poltrona, col fiato sospeso, pronto a stropicciarsi gli occhi.
Merito di una vecchia scuola (una scuola che non ha dismesso l'analogico, tanto per restare in tema) – che comprende pure i folli stunt di Cruise – che ama l’arte e il mestiere del cinema, rispettando noi che andiamo in sala e impegnandosi affinché il divertimento resti sospeso ai massimi livelli.

E così, uscendo dalla sala, mentre riflettevo sul fatto che l’Intelligenza Artificiale (o l’Entità, come viene chiamata) è un nemico poco cinematografico, secondo me, e che forse un bastardo classico mi avrebbe potuto regalare un pizzico di entusiasmo in più, mi rendevo conto di come, comunque, adesso, una storia come questa sia la più coerente e la più legittima da raccontare.
Perché il mondo sta cambiando e, forse, c'è chi non vuole, o non riesce ad accorgersene. Mentre è bene che tutti ne prendiamo atto, per sapere, quantomeno, dove sarà la parte giusta.
Quella in cui, ad accoglierci, troveremo sicuramente lui, Ethan Hunt.

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