Un Colpo Di Fortuna (Coup De Chance) - La Recensione

Coup De Chance Allen

Talento e fortuna.
Ne ha parlato spesso Woody Allen: nelle interviste, nei (suoi) libri e ovviamente nei suoi film.
Secondo lui non c'è partita: “Meglio avere fortuna che talento!”. 
E lui di fortuna ne ha avuta tanta, tantissima, aggiunge. 
Però, arrivato quasi all'età di 88 anni, forse, sarebbe il caso di mettere da parte la modestia (o la furbizia) e riconoscersi anche qualcosina in più. 

Perché in “Un Colpo Di Fortuna”, sebbene sia la fortuna a far da padrona, è il talento a vincere.
Quello di un Allen che ormai sembra riuscire a scrivere le sue sceneggiature allo stesso modo di come alcuni fornai riescono a sfornare quotidianamente le loro pizze e il loro pane. Tu non sai come ci riescono, eppure ogni volta che ci vai il gusto dei loro prodotti è inconfondibile, rassicurante, identico a come lo era stato l’ultima volta. Praticamente una garanzia. E sì, ogni tanto, magari, potrà capitare pure la giornata no, ma è un evento raro e comprensibile.
Evento che, per fortuna(?), non si è verificato in questo caso, tuttavia, dove Allen alza addirittura l’asticella dirigendo per la prima volta un film totalmente in lingua straniera. L’intreccio è una sorta di capovolgimento (una variante?) di “Match Point”, con Fanny – la bellissima protagonista interpretata da Lou de Laâge – che inizia una relazione extraconiugale con Alain, suo ex-compagno di liceo un po’ spiantato e aspirante scrittore, facendo insospettire il ricchissimo marito Jean (un Melvil Poupaud somigliantissimo a Giuseppe Conte), il quale non intende assolutamente che qualcuno metta i bastoni in mezzo alle ruote nella sua vita.

Coup De Chance Allen

Cosa succederà, più o meno, potete immaginarvelo.
Ciò che non immaginerete, forse, è come la storia riesca a catturare all’istante lo spettatore, non mollandolo mai, a prescindere dai risvolti. Stavolta non si tratta tanto di riuscire a risolvere il mistero, o di incastrare l’assassino, infatti. Allen riesce a mettere in piedi una tela dove a interessare maggiormente e ad appassionare sono i personaggi e il loro destino. Non è importante se quella scena è – molto simile o – già accaduta in un’altra pellicola, o se manca il sussulto capace di farci saltare dalla poltrona. In “Un Colpo Di Fortuna” contano più i valori, la morale e la lotta che queste due forze devono intraprendere contro la filosofia di Jean che ammette, senza troppi problemi, che la fortuna non esiste, perché devi essere bravo a creartela. Che, tradotto, significa che se hai tanti i soldi, puoi spostare il mondo a tuo piacimento (come fanno in parecchi). E lui lo sposta, il mondo, e lo fa col cinismo e la freddezza che si intravede nei corridoi tendenti al blu della sua grande casa: fotografata meravigliosamente da Vittorio Storaro, che lascia spiragli di luce calda, qui e là, tra le pareti, quasi a voler suggerire la possibilità di una salvezza fioca, ma (ancora) possibile.

Un contrasto di colori e di emozioni, la cui risoluzione viene affidata, ovviamente, al rocambolesco e spiazzante (e bellissimo) finale. Probabilmente la parte più assurda e divertente di una pellicola che rinuncia al classico umorismo del suo autore, per non rischiare di allentare una tensione implacabile, che molla la presa esclusivamente a un passo dai titoli di coda. Quando con un sorriso stampato in faccia, stiamo lì a pensare: “Incredibile, ce l’ha fatta di nuovo!”.
Ma questa, caro Woody, non è fortuna, è mestiere. 
E non il mestiere di chi ormai ha un’esperienza enorme alle sue spalle. 
Ma il mestiere di chi ha talento. Un talento puro. 
E, modestia o furbizia, a parte, tu lo sai benissimo.

Trailer:

Commenti