Anatomia Di Una Caduta - La Recensione

Anatomia Di Una Caduta Poster

La percezione di qualcosa di sinistro, in realtà, (ci) viene messa subito sotto agli occhi.
Anzi, sotto alle orecchie. Perché non è poi così normale che un marito, sapendo dell’intervista della moglie al piano di sotto, si metta ad ascoltare musica a tutto volume.
E normale lo è ancora meno, quando finito il pezzo, decide di farlo ripartire, quasi volesse proprio provocare e farle un dispetto. Lì per lì, però, è troppo presto per giudicare, non sappiamo nulla della coppia, per cui all'episodio si da il peso che merita (poco). L’intervista salta, ma pazienza. La moglie la prende con filosofia. Il tutto mentre un figlio preadolescente chiama il suo cane ed esce a fare due passi in mezzo al bosco. Inconsapevole che, al ritorno, troverà il padre morto, davanti alla porta di casa. Apparentemente un suicidio (o un incidente). Ma, secondo la scientifica, l’ipotesi non regge. E visto e considerato che in casa con la vittima era presente solo la moglie, il cerchio dei sospettati si restringe.

Un avvenimento, sulla carta, incontrovertibile, assume quindi una piega contorta, misteriosa.
Il beneficio del dubbio e il sospetto (lecito?) verso il prossimo, muovono Sandra – la moglie della vittima – verso un’accusa di colpevolezza che la trascinerà in un processo dove, comunque vada, avrà sempre e solo tutto da perdere. Da lì, infatti, ha inizio un’autopsia matrimoniale e familiare, che ad ogni prova e ad ogni testimonianza va ad aggiungere dettagli sulla sua relazione col marito. Una relazione da tempo in crisi, stracolma di litigate e non priva di tradimenti (di lei): conseguenze dell’incidente che, pochi anni prima, ha reso il loro figlio di undici anni ipovedente, e del quale il marito non ha mai smesso di sentirsi in colpa. Ad appesantire la situazione, poi, le classiche frustrazioni personali, accuse, ripicche, giochi di potere. Uno scenario carico di spunti che la regista (e co-sceneggiatrice insieme a Arthur Harari) Justine Triet utilizza per eseguire un’accurata (?) anatomia (di una caduta) del matrimonio, abbandonando senza mezzi termini i toni della commedia con la quale avevamo imparato a conoscerla, per buttarsi a capofitto su quelli inediti, e profondamente drammatici, del thriller procedurale.

Anatomia Di Una Caduta Triet

Il risultato è un film a cui non manca nulla per catturare e per tenere viva l'attenzione dello spettatore, nel corso dei suoi 150 minuti complessivi.
Se non altro per via di quel pezzo del puzzle (promesso e) che deve essere trovato e che, completando il disegno, potrebbe cambiare interamente la (nostra) lettura e la direzione della storia. Un colpo di scena che quando (non) arriva, lo fa in maniera assai inaspettata e impercettibile: sia per le vesti che assume, sia per come viene utilizzato. Perché, in mancanza di un vero asso nella manica, Triet tarda il più possibile la calata del suo bluff, riuscendo in qualche modo a indirizzare la partita a suo vantaggio, affinché le carte che ha tra le mani possano lo stesso portarla al trionfo. La chiave della (sua) vittoria, allora, diventa Daniel – il figlio di Sandra, costretto a partecipare al processo – coi suoi ricordi che, presunti o meno, rovesciano totalmente il banco di “Anatomia Di Una Caduta”, sgonfiando di parecchio la (nostra) trepidazione accumulata, ma donando in cambio una risoluzione grossomodo originale e accettabile (ed emozionante).
Risoluzione, peraltro, accompagnata da una deposizione che darebbe adito ad aggiuntivi (e molto interessanti) ragionamenti.

La (mia personale) sensazione, tuttavia, è che l'intera impalcatura si riduca a un messaggio che rischia di sembrare fin troppo retorico e ordinario. Questo nonostante un'esecuzione talmente elegante, solida e avvolgente da far funzionare la pellicola a prescindere e a dovere.
Del resto, bluff o non bluff, l’importante è portare a casa il montepremi e Triet, da quel che sappiamo, l’hanno già vista passare in cassa tra gli applausi.

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