Daaaaaali! - La Recensione

Daaaaaali! Film

Quando nomini Quentin Dupieux, in Italia, è raro trovare qualcuno che sappia con certezza di chi stai parlando.
E quando incalzi, dicendo: “Forse lo conosci come Mr. Oizo, il suo pseudonimo da musicista!”.
Beh, anche in quel caso non è che la reazione dell’interlocutore tenda a cambiare parecchio.
Eppure, chi ha frequentato qualche Festival, o chi è appassionato di cinema surreale (o tutti e due), almeno una volta, almeno per sbaglio, con i lavori di Dupieux deve aver avuto un incontro ravvicinato: che sia stato a Cannes, oppure a Venezia, oppure altrove. Deve aver conosciuto la sua fantasia, la sua creatività, magari non sempre altamente bilanciata col resto, ma comunque interessante e assolutamente originale.

Personalmente, io, Dupieux lo trovo irresistibile.
Lo considero uno di quei pochi registi che, quando fanno un film, non vedo l’ora di andare vedere.
E, infatti, per “Daaaaaali!” mi sono letteralmente precipitato in sala.
Sarà che essere meravigliato, al cinema, è una sensazione che ricerco e che mi manca, e puntualmente nelle sue storie ho la certezza di ritrovare. In questo caso, per esempio, bastano pochissimi minuti – l’incipit – per rimanere spiazzati: quelli nei quali vediamo una giornalista scalpitante di intervistare finalmente l’artista, Salvador Dalí, che però continua a camminare lungo il corridoio di un albergo che pare non voler diminuire la distanza tra i due. E mentre lui cammina e la giornalista è lì che lo aspetta sulla soglia, l’assistente di lei ha il tempo di farle delle domande, di ordinare l’acqua nella hall (e di farla arrivare), di spendersi in commenti. Il tutto mentre dei stacchi ci riportano a Dalí che, passo dopo passo, parla e borbotta tra sé e sé con un fare eccentrico, (mega) egocentrico e divertente.
Ed è solo l’inizio, perché l’attesa intervista, nonostante alla fine Dalí raggiungerà la stanza e si accomoderà per rispondere alle domande, ancora non s’ha da fare: che sia una scelta temporanea o definitiva è tutto da scoprire.

Daaaaaali! Film

Si rincorreranno all’infinito, allora, sia lei che lui.
Tra sogno, realtà e tutto l’assurdo che Dupiex posiziona legittimamente nel mezzo, caratterizzando i toni e lo spirito sulle frequenze dell’icona che sta tentando di raccontare. Chi spera di trovare una linearità, una coerenza, o un senso nella trama di “Daaaaaali!” rimarrà deluso, quindi. La struttura del biopic è lontanissima, più conforme è quella del gioco, dell’immaginazione, del tributo. Ne vediamo più o meno cinque di Dalí, tutti uguali e tutti diversi (cambiano gli interpreti), tutti rappresentati per essere la prosecuzione di un originale che magari c’è, o che magari nemmeno esiste ed è solo ideale. Perché quello a cui assistiamo, ad un certo punto, diventa difficile da definire: sta accadendo, non sta accadendo, è una via di mezzo? Un loop oggettivo sul quale Dupiex si diverte a scherzare sopra una volta, due, finché poi la situazione si ingarbuglia a dismisura e a noi non resta che mollare i fili dei ragionamenti - tenendo conto di un ordine affatto importante - e concederci alle risate e ai contesti paradossali che sono un bene per il nostro umore e per i nostri occhi (lo sketch su Muhammad Alì è da applausi).

La verità è che ce ne vorrebbero di più, in giro, di opere come “Daaaaaali!”.
E questa è un’affermazione che potrebbe valere anche per il (talento del) suo autore.
Un artista poliedrico che trova sempre la via per rinnovarsi e per sbalordire lo spettatore, e che probabilmente è il primo a sogghignare quando scrive su un foglio le sue trovate.
Trovate che lo rendono ossigeno per questo cinema spento, contemporaneo, un po' come Dalí lo era nella sua arte e nel suo genio.

Trailer:
NON DISPONIBILE

Commenti