Estranei - La Recensione

Estranei Poster

L’atmosfera è quella surreale – quasi spettrale – di un enorme palazzo disabitato (un limbo?), situato a nord di Londra. Lì vive Adam, uno sceneggiatore alle prese con un racconto che dovrebbe parlare dei suoi genitori, scomparsi quando aveva solo dodici anni. A disturbarlo, una sera, bussando alla porta di casa sua, arriva Harry, la seconda anima dell’edificio che, palesemente, supplica Adam di passare la notte insieme a lui. Adam educatamente rifiuta, ma andando contro ciò che davvero avrebbe voluto. C’è qualcosa che lo frena, infatti. Qualcosa legato al passato che gli impedisce di vivere e di godersi la propria vita. Ed è per questo che, un giorno, decide di prendere un treno e di recarsi al vecchio appartamento fuori città in cui viveva coi suoi genitori. Restando disorientato – ma neanche tanto – quando, dopo aver bussato alla porta, li ritrova entrambi vivi e identici a com’erano trent’anni prima.

A leggerla così, potrebbe far venire i brividi la trama di “Estranei”. Eppure, vivendola insieme all’Adam di Andrew Scott, ci si accorge di quanto la componente horror presente sia stata decisamente smorzata (non fosse per una singola scena) in favore di una pellicola che intende puntare dritta ai sentimenti, alla malinconia, alla vita. Ciò che fa il regista e sceneggiatore (bravissimo) Andrew Haigh, allora, è prendere il romanzo omonimo di Taichi Yamada e adattarlo in maniera tale da modificarne toni e rotta, ma preservando la solidità di uno scheletro che, comunque, ben si adatta anche a quelle che sono le sue esigenze. Rispetto al materiale di partenza, qui lo spettatore è chiamato a interpretare, a farsi un’idea, a decidere in base alle sue sensazioni se ciò che sta succedendo ad Adam sia la conseguenza di un’esperienza sensoriale effettiva, oppure un effetto collaterale del suo stesso mestiere, della sua stessa immaginazione, che improvvisamente aggroviglia realtà e finzione, impedendogli (e impedendoci) di poter distinguere ciò che è l'uno e ciò che è l’altro: e, in tal senso, in un paio scene, il beneficio di questo dubbio viene addirittura rinforzato.

Estranei Film

Questo perché Adam ha bisogno di tornare in quel posto, ha bisogno di ritrovare l’amore dei suoi genitori e di affrontare con loro i sospesi che, evidentemente, continuano a tormentarlo, non lasciandolo in pace. Sia la madre, sia il padre rivivono attraverso i suoi antichi ricordi, e il loro carattere, così come le parole che esprimono, sono un misto tra ciò che l’Adam bambino ha conservato nella memoria e ciò che l’Adam adulto e maturo (e scrittore) è capace di elaborare, di inventare. Recuperare il tempo perduto, dunque, ma pure sciogliere alcuni nodi fondamentali e mettere da parte i sensi di colpa (famigliari): come avviene nel momento in cui Adam fa coming out e la madre – essendo di un’altra epoca – fatica a guardarlo in faccia e a tener viva la conversazione, mentre il padre gli confessa – con gran commozione – di averlo sempre saputo, ma di non essersi mai sentito in grado di gestire l’argomento. Chiarimenti, abbracci e lacrime che gli servono come ossigeno per riaprirsi lentamente al mondo, per riaprire la porta a quell’amore a cui aveva rinunciato, permettendo a Harry, stavolta sì, di varcare la soglia del suo appartamento e di condividere insieme fragilità, dolore e solitudine.

Emozioni su cui “Estranei” cuce e poggia la sua essenza, la sua meraviglia. 
Rimandandoci a un finale in crescendo - spiazzante e da pelle d’oca - che proprio con queste emozioni intende flirtare, restituendo a noi l’onere di ricapitolare (e di riesaminare) l'intero viaggio per poi tirarne le fila.

Trailer:

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