Comincia con un recap che sarà utile soprattutto a chi non ha mai visto, oppure ha completamente cancellato dalla memora il capostipite, "Inside Out 2": e quindi con le cinque emozioni principali (Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto) che, durante una partita di hockey sul ghiaccio di Riley, si (ri)presentano a gran voce, allo stesso modo di come un cronista sportivo (fazioso) presenterebbe ai tifosi i migliori talenti della loro squadra di calcio. Escamotage che serve anche a manifestare il raggiungimento di una convivenza emozionale raggiunta, e quindi di un equilibrio e di una serenità che però non sanno di avere i minuti contati, perché il periodo dell'adolescenza è praticamente dietro l'angolo. Spente le candeline del tredicesimo anno di età (che tradotto, significa entrare nella fase teen), infatti, la centrale operativa interna e mentale di Ryley viene letteralmente presa d'assalto e ristrutturata, complicata, aumentando di tasti, funzioni, sensibilità e persone(alità) al comando.
Ansia, Imbarazzo, Invidia ed Ennui (noia) sono pronti a invadere la scena e a cacciare via i precedenti inquilini, con una modalità che sostanzialmente ricorda moltissimo il canovaccio giá collaudato durante il capitolo precedente. Eppure, quella che potrebbe far pensare a una pigrizia narrativa, in perfetta linea coi nostri tempi (e con quelli della Disney), riesce a dar vita a una pellicola che funziona egregiamente, che appare lucida, ragionata e intelligente nel raccontare questo nuovo viaggio, attraverso un dietro le quinte che centra in pieno le difficoltà, le insicurezze e gli sbalzi (d'umore e mentali) di uno spaccato di vita in cui è facilissimo rispecchiarsi, sia se si fa parte della schiera dei diretti interessati e sia se - come il sottoscritto - si appartiene a coloro che hanno già affrontato da tempo la tempesta. Tant'è che ciò che sorprende maggiormente di "Inside Out 2" - e che conquista, smuove, emoziona - non è tanto l'originalità narrativa, quanto la sua capacità di non lasciare nulla al caso; l'accuratezza di certe dinamiche, di certe nevrosi e riflessi che servono a delineare e a caratterizzare le coscienze e i tratti distintivi dei nuovi personaggi, delle nuove emozioni (e l'influenza che queste hanno sulle nostre interazioni, non appena prendono il controllo o il sopravvento): su tutte Ansia, che veste sia i tratti psico-fisici che più o meno (ri)conosciamo, sia quelli del villain (temporaneo) della pellicola, pronto a rubare la leadership di Gioia e a minacciarne l'esistenza.
È palese, allora, il lavoro di ricerca, gli studi antropologici, psicologici e via dicendo, che sono stati approfonditi e messi in pratica per mettere a fuoco un'idea che avrebbe potuto tranquillamente portare i suoi frutti, anche se trattata in forma più superficiale, blanda (furba). La regia di Kelsey Mann non fa rimpiangere l'assenza di Pete Docter (che c'è ancora, ma solo come produttore), anzi, forse, dona al film quel pizzico di stravaganza che serviva per andare a sfumare quei territori che si vanno a ripercorrere, aggiungendo freschezza e vitalità al contesto. La sensazione è che ci sia la voglia di stabilire una continuità, una connessione diretta con ciò che è stato - probabilmente in vista della serie TV in programma per l'anno prossimo - e quindi di mantenere vivo quel target universale di riferimento che, se è vero rappresenti principalmente un pubblico di ragazzi, è altrettanto vero che non può lasciare indifferente nemmeno il pubblico degli adulti: che vengono tirati dentro a prescindere da questa lotta e da questo catalogo di emozioni (vi sfido a non voler bene a Imbarazzo!) che si finisce per riconoscere, condividere e amare proprio grazie a quei contrasti che fanno parte di ognuno di noi e che, inevitabilmente, non potranno mai annullarsi per davvero.
E per fortuna, come ci verrà insegnato (o ribadito, fate voi).
Muteranno, al massimo.
Così come è mutata la grandezza della Pixar che torna prepotente a realizzare il suo ennesimo, splendido prodotto di animazione. Di quelli che - capolavoro o meno - sanno far ridere e commuovere a ripetizione e a volte insieme, nello stesso momento. Trovando le chiavi giuste per accendere i motori della nostra memoria (non solo cerebrale), cullandoci e rassicurandoci, al punto da farci uscire dalla sala con gli occhi umidi ed il viso traboccante di gioia.
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