Twisters - La Recensione

Twisters Poster

Comparsa: Che lavoro fai?
Protagonista: Faccio la cacciatrice di tornado!
Comparsa: In che senso?
Protagonista: Eh, nel senso che quando c'è un tornado io, praticamente, prendo la macchina e gli vado incontro!
Comparsa: Davvero? E poi?
Protagonista: E poi, niente, quando gli sono vicino, ma tipo vicinissimo, quasi attaccata, spingo un po' di tasti che ho sul furgone e cerco di strozzarlo tirandogli addosso dei barili pieni di polvere e altra roba.
Comparsa: Di strozzarlo? Un tornado?
Protagonista: Faccio in modo che decresca fino ad annullarsi! Non è una cosa che riesce sempre, è. Ma ogni tanto, quando sei fortunato...
Comparsa: Ah! E non è rischioso?
Protagonista: Si, ma, che ti devo dire? È più forte di me!

Non ho fatto che immaginare questo dialogo, nella mia mente, mentre ero li che guardavo "Twisters" (e intanto mi chiedevo cosa diavolo ci facessi in sala!). Pensavo alle offerte di lavoro in America, dove scorrendo tra gli annunci compariva all'improvviso, AAA Cercasi Cacciatore di Tornado: che per quanto mi riguarda equivale un po' ad essere un cacciatore di rogne. Si, perché andare incontro a un tornado potente abbastanza da spazzare via tutto, alberi, persone, animali, case, libri, auto, fogli di giornale, per me che sono italiano - e romano, anche - equivale a provare a buttarsi tutti i giorni dal ponte di Ariccia con una corda di ignota provenienza e piuttosto consumata: può dirti bene una volta, due, ma prima o poi quella corda vedrai che si spezzerà. Per cui non nego che ho fatto proprio fatica a entrare dentro la pellicola diretta da Lee Isaac Chung - il regista di "Minari" - e ho fatto fatica, nonostante mi sforzassi continuamente di trovare un senso, un nesso alla motivazione che spingesse questi personaggi a rischiare la propria vita, a rincorrere la morte, pure dopo che quest'ultima, indirettamente, magari, gli aveva dimostrato di cosa fosse capace. Perché, protagonisti a parte - ovvero Daisy Edgar-Jones e Glen Powell - per cui lo sappiamo vige la regola del "guai a chi ce li tocca" (almeno fino alla fine), c'è da dire che rispetto all'originale del 1996, qui c'è la tendenza a mostrare più da vicino il realismo, la tragedia del fenomeno di cui si parla, e ci si abitua subito all'idea di non affezionarsi troppo a nessun componente secondario o marginale del gruppo.

Twisters Film

La morte in scena è opzione frequente, insomma. Tant'è che in un paio di occasioni Chung lascia spazio addirittura a riflessioni sugli avvoltoi-imprenditori, ovvero quelle persone che si avventano sul luogo del misfatto, con le vittime ancora fresche, per sfruttare il dramma e comprare a prezzo ridotto i terreni di chi si è appena visto volare in cielo gran parte della sua vita. Stranamente spinge meno il pedale sul cambiamento climatico, invece, su quanto sia responsabile dell'aumentare delle catastrofi ambientali - mai quanto la presenza dei due protagonisti nei paraggi, eh - e ci dobbiamo accontentare, in tal senso, solamente di una battuta messa in bocca a Maura Tierney che lascia intenderne la diretta correlazione. Il che è una sorpresa, se vogliamo, perché poteva tranquillamente accodarsi a quel filone di blockbuster dalla morale ecologica che vanno tanto di moda, "Twisters", gli sarebbe stato fin troppo facilie, ma evidentemente non era quello il treno che gli interessava prendere (al massimo metterci appena dentro il naso, per forza di cose). Perché ciò che sembra interessare davvero e unicamente a questo reboot, o sequel, o quel che preferite, è cucirsi addosso il vestito di miglior prodotto di intrattenimento estivo da vedere al cinema, non lesinando e a volte esagerando con l'utilizzo massiccio di effetti speciali, che quasi ne manifestano un'ansia da prestazione che poi gli fa perdere totalmente l'equilibrio e quel senso della misura, che il suo capostipite sapeva bene come mantenere.

Figlio dei nostri tempi, allora, il film di Chung si porta appresso tutti i difetti dei blockbuster moderni: dimenticando l'importanza (e lo spessore) da attribuire ai personaggi (e al loro arco narrativo) e procedendo con l'unica certezza che allo spettatore-medio non interessi nient'altro che lo spettacolo fine a sé stesso.
Una scelta libera, sia chiaro, anche se per quanto mi riguarda da queste parti il concetto di cinema è considerato qualcosa di diverso: e vale anche per questo tipo di cinema (omaggiato nel finale, nell'unica scena che, probabilmente, vale la pena ricordare), magari più blando, o più leggero. 
Poi, per carità, io potrei non esser l'esempio migliore di spettatore-medio e sbagliare, quindi, nel valutare quanto poco sia riuscito a ricevere in cambio da un prodotto così (anche in termini di intrattenimento fine a sé stesso), eppure la sensazione è che l'idea di spettatore-medio portata avanti da certi studios ormai sia assai distante da quella reale. E da rivedere assolutamente, al contrario di alcuni prodotti.

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