Gli elementi che ruotano attorno a un progetto come "Here" sono molteplici ed ognuno di loro porta come riferimento unico (e come alibi) il nome e la garanzia di Robert Zemeckis: in particolare la sua maniera di intendere il cinema, di sperimentare, osare. Una filosofia che - specie negli ultimi anni - ha sempre fatto rima con tecnologia, con CGI, con le scoperte più moderne e rivoluzionarie: e quindi con il rischio di esagerare, di spingersi oltre, nella mission di (r)innovare ed evolvere un intrattenimento che tende ormai a replicare sé stesso, ad appiattirsi. Eppure, stavolta, c'era una componente aggiuntiva a rimescolare le carte, ad alzare la posta in gioco, una componente che chiamava in causa cuore e sentimenti - suoi, ma pure nostri - e insieme ad essi anche una fortissima nostalgia per il passato. E il riferimento, ovviamente, va ai nomi di Tom Hanks e di Robin Wright, richiamati all'appello quasi a voler rievocare i (bei) tempi (andati) di "Forrest Gump", che sembra instaurare pure un legame strettissimo con le intenzioni e le direzioni di questo "Here".
Un legame, per certi versi, naturale.
Un legame, per certi versi, naturale.
Il suo tentativo, infatti, è quello di raccontare nuovamente il mondo (e l'America) che cambia attraverso un tempo che passa, attraverso esseri umani che, nel mentre, sono impegnati a sopravvivere, a nascere, crescere, gioire, soffrire. La prende lontanissima, allora, Zemeckis, permettendosi un incipit che ci riporta indietro fino ai dinosauri, agli asteroidi, per poi concentrarsi su una manciata (circa) di storie che si accavallano una con l'altra, sovrapponendo epoche, davanti al grandangolo di una camera fissa, incaricata di filmare il progresso e, di conseguenza, i momenti più importanti vissuti all'interno del salone di questa casa che diventa presto scenario principe e ambiente unico. Ci sono i nativi americani nella foresta, il figlio di Benjamin Franklin, una famiglia che apre le porte al novecento, una successiva che le spalanca alla Seconda Guerra Mondiale. E poi c'è l'arrivo degli Young, dal cui matrimonio arriveranno tre figli, con il primo che, da adulto, sarà Hanks: che a diciotto anni metterà incinta la fidanzatina Wright, rinunciando al suo sogno di pittore per costruire un matrimonio tanto felice quanto complicato con lei. Cerchio che andrà a chiudersi qualche decennio più tardi, con l'arrivo di una famiglia afroamericana che, dalle porte del 2000, ci accompagnerà fino ai giorni nostri: quelli dello smartphone, del movimento black lives matter (citato tramite una scena al limite) e della pandemia, scatenata dal Covid 19.
L'ambizione non manca, insomma, e se ci aggiungiamo il pesante de-aging utilizzato sugli attori per coprire le varie parentesi temporali cui devono far fronte, ci rendiamo conto di quanto Zemeckis abbia deciso intenzionalmente di pattinare sulle uova. Tante uova. Uova che fatalmente, poi, finiscono per rompersi e per farlo pure molto presto. Succede a furia di riavviare un meccanismo che - vuoi per staticità, vuoi per una serie di handicap, vuoi per originalità non assoluta - tende a stancare e a non stimolare a sufficienza l'interesse di noi spettatori: che per quanto possiamo resistere, nell'attesa di chissà quale curioso risvolto, in realtà siamo costretti ad accontentarci di canonici momenti famigliari che, seppur importanti, hanno comunque il sapore di una minestra riscaldata. E per quanto l'effetto reunion potesse dar del credito a lui e al suo lavoro, concedendogli il lusso di commettere qualche errore e peccare di zelo, purtroppo non lo protegge da una mancanza di emozioni che, se arrivano, lo fanno esclusivamente - e poco - non appena decide di muovere la macchina da presa: avvicinandola ai suoi protagonisti preferiti, per cesellare un amore (burrascoso) che poi, alla fin fine, rappresenta l'anima più profonda di "Here", sovrastando ogni altro intento azzardato, tecnico e avanguardistico.
L'impressione, perciò, è che questo adattamento della graphic novel di Richard McGuire sia piuttosto sbilanciato, avventato, monotono.
Figlio di un esperimento che, magari, a priori poteva sembrare efficace, dal punto di vista cinematografico, ma che in concreto risulta scarico, carente di spunti, di idee.
Limiti che neppure una coppia dolcissima come come Hanks e Wright possono colmare da soli, riuscendo al massimo a mitigare il nostro dispiacere e la nostra delusione, accelerando quel processo di archiviazione e di eliminazione del passo falso.
Trailer:
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