Verrebbe da dire che ha voglia di giocare con le nostre credenze e coi nostri pregiudizi, J.T. Mollner. Autore di questo thriller in sei capitoli, intitolato "Strange Darling", che arriva nei nostri cinema silenziosissimo e quasi in disparte, ma che speriamo davvero riesca a fare - magari con un passaparola - molto più rumore di quanto ci si aspetti.
Un endorsment che nasce spontaneo e guadagnato sul campo, attraverso la potenza di un racconto con esposizione rigorosamente non cronologica, studiato a tavolino per portare fuori strada lo spettatore, per fuorviarlo, spiazzarlo. Ma non è una manipolazione quella di Mollner, in verità facciamo tutto noi, autonomamente, da soli. Perché se poi ci vai a ripensare a quegli elementi che, inizialmente, ti avevano portato da tutt'altra parte, ti accorgi che quell'essere partito per la tangente è figlio di pensieri indotti (e non per forza corretti), di calcoli che ormai diamo per matematici, ma che matematici non lo sono affatto, insomma, da come siamo abituati a dare tanto per scontato (non solo per colpa nostra). Ovviamente, non entrerò nei dettagli, non sarebbe giusto nei confronti di un film che proprio sui ribaltamenti e sui colpi di scena costruisce la sua forza, però, ecco, si può dire che "Strange Darling" è la storia di The Lady e di "The Demon" - soprannomi che vengono affibbiati ai due protagonisti, direttamente nei titoli di testa (imponenti) - e che lei è la classica donzella in pericolo, inseguita da quest'uomo furiosissimo, strafatto di cocaina, che con il suo pick-up e il suo fucile le corre dietro quasi assatanato con l'intento di eliminarla. Lei è ferita, in lacrime, fugge tra i boschi e cerca aiuto in un villaggio abitato, ma è evidente che alcuni atteggiamenti ci suggeriscono la mancanza di dettagli potenzialmente determinanti.
E ce li avremo questi dettagli, non appena Mollner comincerà a fare avanti e indietro coi capitoli della sua storia. Non appena deciderà di darci la lezione che, secondo me, è la più scontata (dovrebbe esserlo, ormai), quanto pure la più importante della sua pellicola (perché non lo è, a conti fatti), e cioè che prima di sparare (pre)giudizi, sarebbe importante essere sicuri di aver ricostruito dettagliatamente e correttamente i fatti. Una lezione che servirà a noi, ma pure alle ulteriori anime che ruoteranno intorno a questa caccia tra gatto e topo, che si lasceranno influenzare dalle apparenze, dagli istinti: come succede a noi col prologo (che accenna a fatti realmente accaduti) passato in apertura, al quale ripenseremo inevitabilmente, maledicendo la superficialità con la quale potremmo aver battezzato (male) una parola in particolare.
Epperò, non è solo colpa nostra se "Strange Darling" segna punti su punti e se funziona alla grande, se ti tiene incollato alla poltrona e - anche quando svela i suoi segreti - non ti molla finché non si esaurisce il suo ultimo fotogramma. Non sarebbe corretto nei confronti di Moliner, che è intelligentissimo a sfruttare i nostri punti deboli, certo, ma altrettanto capace a mettere in evidenza i suoi punti di forza, nella scrittura come nella regia, che qui va a braccetto con la fotografia - notevolissima - di un Giovanni Ribisi inedito, ma a questo punto lanciatissimo nel ruolo.
Del resto, lo sappiamo, trovarsi davanti a prodotti del genere sta diventando sempre più raro, al cinema.
Eppure "Strange Darling" riesce a intrigare, affascinare, intrattenere con una semplicità estrema. Lo fa senza perdere mai quota, rimanendo stabile nella follia, nei ritmi e nel disorientamento, dimostrando che con un minimo di impegno e di buona volontà si può ancora regalare allo spettatore un buonissimo motivo per uscire di casa e non pentirsi di aver pagato il prezzo di un biglietto.
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