Una festa in cui Tim e Millie stanno salutando i loro amici, in vista di un trasferimento che li vedrà andare a vivere fuori città, in una di quelle casette sperdute tra i boschi. Lei ha trovato lavoro come insegnante in una scuola nei paraggi e lui, nonostante l'età, continua a coltivare il sogno di diventare un musicista. Sono una coppia storica, loro. Stanno insieme da tantissimi anni, forse troppi. Tant'è che proprio durante quella festa, un'amica di Millie azzarda a suggerirle che per lei potrebbe essere un'occasione lasciarlo indietro, ricominciare. Anche perché tra i due sembra non esserci più chimica, attrazione. In sostanza, sono ad un punto morto della relazione. Lo stesso punto che Millie prova a forzare, simulando una proposta di matrimonio che manda Tim in ansia, peggiorando le cose.
Ciò che ci chiediamo, osservando entrambi, allora, è come mai continuino a stare insieme, a vivere insoddisfatti, a trascinare l'eco di un sentimento ormai palesemente spento. Lo stesso sentimento che però, fino a prova contraria, nei momenti peggiori torna a farsi vivo, a mostrarsi, aiutando la coppia a perdonarsi e a riavvicinarsi ancora. Una dipendenza affettiva, in pratica, su cui il regista e sceneggiatore Michael Shanks trova la chiave per dare vita a un body horror tanto brillante, quanto sgradevole e raccapricciante, dove questi impulsi più o meno tossici di una relazione vengono estremizzati all'ennesima potenza dall'esistenza di un luogo oscuro - una specie di cappella nascosta sottoterra, in cui Tim e Millie accidentalmente cadono, risvegliandosi appiccicati con una gamba - che va a mettere in moto una sorta di attrazione spirituale e fisica tra i corpi, al punto da spingerli verso una fusione che darebbe vita ad un unico, nuovo essere. Fusione alla quale più si cerca di fare opposizione e peggio saranno i risvolti. E a questo punto, i riferimenti di Shanks (visivi, in particolare) cominciano a farsi piuttosto chiari, anzi, a dire il vero, chiari lo erano stati già durante quel prologo di apertura - quando ad accorparsi sono due cani - con una citazione neppure troppo vaga a "La Cosa" di John Carpenter, chiamato in causa insieme alle influenze di un altro maestro del genere, l'imprescindibile David Cronenberg.
Segnali incoraggianti, ovviamente, che dimostrano quanto Shanks sia preparato sulla materia e non solo a livello concettuale, teorico. "Together", infatti, è prima di qualsiasi cosa un'opera disturbante, appiccicosa (nel senso che certe immagini ti restano addosso), capace di farti coprire gli occhi e, in alcuni frangenti, saltare pure dalla poltrona, smorzando poi la tensione attraverso l'uso di un'ironia grottesca dalla quale non smette mai di attingere e di abbeverarsi. E, in un certo senso, la scelta di affidarsi a due interpreti che fanno coppia anche nella vita, come Dave Franco e Alisson Brie (produttori del film), non fa che rinforzare questa tesi, portando all'interno della storia quel pizzico di metacinema e autenticità intangibile, che rende questa crisi di coppia e questo legame indissolubile, ancor più folle e paradossale. Entrambi lottano nel tentativo di (ri)appropriarsi della loro individualità, della libertà, nonostante questa forza sovrannaturale continui a possederli, a remargli contro, a ribadirgli che, probabilmente, ciò che stanno attraversando è semplicemente quel che viene socialmente etichettato come vita di coppia e che, quindi, sono destinati a restare insieme, magari, passando a un capitolo successivo e inesplorato.
Perché in fin dei conti "Together" si traveste da (body) horror, certo, ma come accennato porta con sé delle caratteristiche e delle contaminazioni tipiche della commedia (grottesca) e, inevitabilmente, per temi, risvolti e azioni non è possibile esentarlo dall'essere contemporaneamente un romance sperimentale. Da vedere in coppia con il proprio partner, eventualmente, per scoprire se è il caso o meno di prendere dei (seri) provvedimenti.
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