Mommy - La Recensione

Cresce bene Xavier Dolan, e a vista d'occhio.
Il regista, attore e sceneggiatore venticinquenne più talentuoso d'Europa migliora uscita dopo uscita e con il suo "Mommy" riesce a compiere il giro completo di estro e bravura lasciato parzialmente in sospeso con il precedente "Tom à La Ferme".

Un concentrato attento di regia e sceneggiatura (niente presenza davanti la macchina da presa) quindi, dove ancora - come accade spesso nelle sue pellicole - a far da padrone è il rapporto contrastante madre-figlio, rigorosamente assente di presenza paterna ma arricchito dall'aiuto di una seconda madre, vicina balbuziente e insegnante in anno sabatico. Le dinamiche chiaramente variano, muovono lo sguardo su nuovi fronti, e dopo aver raccontato dell'odio di un figlio nei confronti della madre in "J'Ai Tué Ma Mère", e della difficoltà di una madre di accettare il cambio di sessualità del proprio figlio in "Laurence Anyways", con "Mommy" Dolan affronta un amore incondizionato, seppur sempre violento e iracondo, minacciato da una società che bussa alla porta per consegnare il conto di un errore commesso dal giovane durante la sua permanenza nell'istituto di rieducazione. Niente pace allora, niente normalità, e a suggerirlo è anche l'aspetto con cui la pellicola decide di presentarsi tradendo il canonico 16:9 per andare a sposare un simil 4:3 ancor più ristretto e soffocante. E' chiaramente una scelta registica spiazzante, intelligente scopriremo in seguito, così come potentissima, che servirà alla narrazione per rendere ancor più vitale una storia allestita per essere pugno secco allo stomaco.

C'è da ammetterlo infatti, Dolan adotta delle scelte di sceneggiatura che aiutano molto la sua pellicola a cadere nella drammaticità da lacrimuccia e da pianto. Eppure il suo modo di fare non è mai ricattatorio o fastidioso, anzi, con la sensibilità che lo contraddistingue e con tocco affascinante, riesce addirittura a montare scene emozionanti cariche di un'umanità e dolore unico. Ci sa fare il ragazzo, specialmente nella scelta azzeccata dei brani musicali chiamati a spegnere i dialoghi e a fare da scudo solamente alle immagini (il karaoke con "Io Vivo Per Lei" è da brividi), immagini che sono componimenti, sequenze bellissime, poetiche, fotografate meravigliosamente e portatrici sane di significato per lo stato emotivo del giovane Steve e non solo (vedi la proiezione futuristica elaborata da Diane al volante).

Non lascia nulla al caso, "Mommy", nemmeno quando decide di utilizzare un finale per certi versi aperto, in cui le parole del monologo sulla speranza che lo precede vanno assolutamente recuperate e rimesse in discussione. In questa ennesima lotta d'amore, passionale e urlata tra una madre e un figlio, che per non perdersi decidono di ferirsi a vicenda, è davvero difficile, una volta tirate le somme, comprendere se siano davvero tutti vincitori come sostiene Diane, oppure tutti perdenti. Quel che è facilmente comprensibile è che Dolan, come mai nella sua (breve) filmografia, avrebbe piacere di vedere un lieto fine. Nonostante lasci alla speranza l'ultima sentenza.

Trailer:

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