Com’è nato internet? Quando è nato internet? In che direzione si è mosso?
Per molti la risposta a queste domande è ignota o superflua, risolvibile con un giro su Wikipedia, se proprio si insiste, considerato che alla velocità con cui internet si espande, guardarsi all’indietro, magari, può essere anche un’azione piuttosto inutile se non controproducente. Ma Werner Herzog indietro deve andarci per forza, perché spesso guardare indietro è utile per andare in avanti, per raccogliere alcuni dati, comprendere evoluzioni e lanciarsi in previsioni più accurate, se non praticamente precise sul futuro.
Con “Lo And Behold: Il Futuro E’ Oggi”, il regista tedesco infatti ha intenzione di farci fare un viaggio. Di invitarci con lui alla scoperta di quel mondo entrato a far parte della nostra vita irreversibilmente e alla velocità della luce, provando a capirne meglio genesi, potenzialità, difetti, sviluppo, pro e contro. Ciò che ruota intorno alla scoperta di internet ci rendiamo conto allora essere vasto quasi quanto internet stesso, sono molteplici le gradazioni che passano dall’esperimento positivo in cui venne emesso il primo vagito (un semplice “Lo”) alla realizzazione di robot mastodontici e complessi per i quali si inizia a pensare addirittura che possano “rischiare” di provare emozioni umane. In dieci capitoli Herzog si sposta da un luogo all’altro, va in avanscoperta, intervista i soggetti più disparati per dissetare sue curiosità e variare quanti maggiori punti di vista possibili, esplorando a tutto tondo un fenomeno che, come viene detto ripetutamente, ha la tendenza ad uscire dal nostro controllo, decidendo da solo direzioni, digressioni e trasformazioni.
Del resto, rispetto a quelle che dovevano essere le priorità e i portenti previsti dagli addetti ai lavori, è innegabile che la rete sia diventata con gli anni croce e delizia per gli esseri umani, mostrando un lato oscuro che, forse, in pochi avevano previsto e che ha obbligato l’altro lato, quello più esteso (?), il chiaro, ad essere messo in discussione non completamente, diciamo, ma quasi.
La nostra civiltà, d'altronde, sebbene invasa e modificata nel profondo dall’avvento del digitale, non ha aggiornato affatto né i suoi principi, né le sue regole. Ha proseguito a relazionarsi con esso come fosse un soprammobile, qualcosa di innocuo, di gradevole, di gestibile. Così quando Herzog intervista una famiglia sconvolta dalle foto apparse su internet della figlia morta, la madre gli confessa, turbata, che gran parte dei diritti che ci appartengono con il decesso della persona decadono e quindi non c’è alcun reato nel commettere un gesto del genere. Un contraccolpo che fa rima, o poco ci manca, con la situazione degli internet addicted: presi per i capelli e portati lontano dai supporti informatici per cercare di recuperare contatto con la realtà e rimuovere quell’istinto suicida che, grossomodo, un po’ tutti, prima o poi, finiscono per sentire e per voler assecondare. Storie vere, insomma, che esistono, che miscelano i due universi e non sempre arrivano fino alle nostre orecchie: a cui sarà sfuggito, probabilmente, anche dell’esistenza di una città svincolata dalle onde radio, dove in molti hanno trovato rifugio e salvezza vista la loro intolleranza alle stesse; o del terrificante centro videoludico in cui c’è gente che si dimentica di soddisfare i propri bisogni primari (o quelli dei loro figli), pur di non staccare le mani dalla tastiera o dal joystick.
A confronto con esse le rivelazioni di un hacker eccitato dai suoi traguardi (o trofei) suonano quasi come uno scherzo a cui si potrebbe stare, nonostante la Motorola potrebbe pensarla in maniera diversa. Perché con la tecnologia, come per molte grandiosi invenzioni, ad ogni nota positiva ne corrisponde una negativa. E se è solo una, in questo caso, sei stato anche fortunato. Herzog, tuttavia, non ha intenzione di santificare internet come personificazione di Satana (qualcuno invece si), il suo è un approccio più che altro curioso, appassionato, volto a riempire il quadro con quanti più elementi possibili, con accenti meravigliosi e positivi tutti dedicati alla meccanica e alla scienza.
Certezze stupefacenti alle quali aggiunge gli interrogativi fantascientifici, altrettanto stravaganti, di catastrofi che porterebbero portarci al default totale, di macchine capaci di sognare e di esseri umani emigrati su Marte, che al momento non risulta abitabile, ma cablabile si.
Trailer:
Per molti la risposta a queste domande è ignota o superflua, risolvibile con un giro su Wikipedia, se proprio si insiste, considerato che alla velocità con cui internet si espande, guardarsi all’indietro, magari, può essere anche un’azione piuttosto inutile se non controproducente. Ma Werner Herzog indietro deve andarci per forza, perché spesso guardare indietro è utile per andare in avanti, per raccogliere alcuni dati, comprendere evoluzioni e lanciarsi in previsioni più accurate, se non praticamente precise sul futuro.
Con “Lo And Behold: Il Futuro E’ Oggi”, il regista tedesco infatti ha intenzione di farci fare un viaggio. Di invitarci con lui alla scoperta di quel mondo entrato a far parte della nostra vita irreversibilmente e alla velocità della luce, provando a capirne meglio genesi, potenzialità, difetti, sviluppo, pro e contro. Ciò che ruota intorno alla scoperta di internet ci rendiamo conto allora essere vasto quasi quanto internet stesso, sono molteplici le gradazioni che passano dall’esperimento positivo in cui venne emesso il primo vagito (un semplice “Lo”) alla realizzazione di robot mastodontici e complessi per i quali si inizia a pensare addirittura che possano “rischiare” di provare emozioni umane. In dieci capitoli Herzog si sposta da un luogo all’altro, va in avanscoperta, intervista i soggetti più disparati per dissetare sue curiosità e variare quanti maggiori punti di vista possibili, esplorando a tutto tondo un fenomeno che, come viene detto ripetutamente, ha la tendenza ad uscire dal nostro controllo, decidendo da solo direzioni, digressioni e trasformazioni.
Del resto, rispetto a quelle che dovevano essere le priorità e i portenti previsti dagli addetti ai lavori, è innegabile che la rete sia diventata con gli anni croce e delizia per gli esseri umani, mostrando un lato oscuro che, forse, in pochi avevano previsto e che ha obbligato l’altro lato, quello più esteso (?), il chiaro, ad essere messo in discussione non completamente, diciamo, ma quasi.
La nostra civiltà, d'altronde, sebbene invasa e modificata nel profondo dall’avvento del digitale, non ha aggiornato affatto né i suoi principi, né le sue regole. Ha proseguito a relazionarsi con esso come fosse un soprammobile, qualcosa di innocuo, di gradevole, di gestibile. Così quando Herzog intervista una famiglia sconvolta dalle foto apparse su internet della figlia morta, la madre gli confessa, turbata, che gran parte dei diritti che ci appartengono con il decesso della persona decadono e quindi non c’è alcun reato nel commettere un gesto del genere. Un contraccolpo che fa rima, o poco ci manca, con la situazione degli internet addicted: presi per i capelli e portati lontano dai supporti informatici per cercare di recuperare contatto con la realtà e rimuovere quell’istinto suicida che, grossomodo, un po’ tutti, prima o poi, finiscono per sentire e per voler assecondare. Storie vere, insomma, che esistono, che miscelano i due universi e non sempre arrivano fino alle nostre orecchie: a cui sarà sfuggito, probabilmente, anche dell’esistenza di una città svincolata dalle onde radio, dove in molti hanno trovato rifugio e salvezza vista la loro intolleranza alle stesse; o del terrificante centro videoludico in cui c’è gente che si dimentica di soddisfare i propri bisogni primari (o quelli dei loro figli), pur di non staccare le mani dalla tastiera o dal joystick.
A confronto con esse le rivelazioni di un hacker eccitato dai suoi traguardi (o trofei) suonano quasi come uno scherzo a cui si potrebbe stare, nonostante la Motorola potrebbe pensarla in maniera diversa. Perché con la tecnologia, come per molte grandiosi invenzioni, ad ogni nota positiva ne corrisponde una negativa. E se è solo una, in questo caso, sei stato anche fortunato. Herzog, tuttavia, non ha intenzione di santificare internet come personificazione di Satana (qualcuno invece si), il suo è un approccio più che altro curioso, appassionato, volto a riempire il quadro con quanti più elementi possibili, con accenti meravigliosi e positivi tutti dedicati alla meccanica e alla scienza.
Certezze stupefacenti alle quali aggiunge gli interrogativi fantascientifici, altrettanto stravaganti, di catastrofi che porterebbero portarci al default totale, di macchine capaci di sognare e di esseri umani emigrati su Marte, che al momento non risulta abitabile, ma cablabile si.
Trailer:
Commenti
Posta un commento