Dello Zlatan Ibrahimovic calciatore, campione e colosso in campo sappiamo abbastanza. Abbiamo preso nota delle sue caratteristiche tecniche, fisiche, della decisività in campo e sotto porta, così come del suo carattere orgoglioso, arrogante e pieno di sé che a volte fa sorridere e a volte irritare. Quello che chiedevamo al documentario “Becoming Zlatan”, diventato da noi “Ibrahimovic: Diventare Leggenda”, era di dirci allora qualcosina in più sullo Zlatan privato, quello lontano dai riflettori; andare a vedere se quel personaggio incorreggibile esistesse per davvero oppure facesse parte di un ruolo costruito, interpretato benissimo come quello primario della punta.
Una sete di curiosità che i registi Magnus e Fredrik Gertten dissetano, tuttavia, solamente a metà.
Il loro documentario mette in mostra l’Ibrahimovic-calciatore più giovane, quello arrivato al Malmö nel mentre della sua retrocessione e prossimo, da lì a qualche anno, a mettersi in mostra e a trasferirsi all’Ajax, per una cifra, all'epoca giudicata folle - ma col senno di poi irrisoria - di 9 milioni di euro. A raccontarlo sono alcuni filmati di repertorio che lo mostrano in campo, negli spogliatoi e, raramente, nella sua casa in Svezia: quella in cui giocava al “suo” computer che guai a chiunque gli venisse in mente di toccarlo. Era una persona poco diversa da quella che oggi tutti abbiamo imparato a individuare, le manie e le risposte erano le stesse (anche coi giornalisti), sapeva di valere e sapeva che sarebbe diventato un membro dell’élite calcistica mondiale, sebbene l’egoismo che aveva dentro, lo portasse spesso a non legare stretto con la squadra e a non esprimersi al meglio in campo (sembra che abbia letto troppe volte il libro “Solo, Intorno Al Mondo”, dice uno dei suoi allenatori). E, in effetti, la sua Storia ci parla di un uomo dedito alla solitudine, che non ha problemi a definirsi personalmente uno zingaro, perché - aggiunge sempre - figlio di padre bosniaco e di madre croata, nonché nomade per definizione, considerati gli spostamenti ininterrotti fatti per l’Europa con la sua famiglia.
Eppure di questo Zlatan “Ibrahimovic: Diventare Leggenda” approfondisce il minimo, rivelando una superficie praticamente nota e non aggiungendo nulla di rilevante rispetto a quanto già detto e già sentito negli anni. Il lavoro dei Gertten paga, se vogliamo, l’assenza tra gli intervistati del suo protagonista simbolo, o di chiunque gli sia mai stato davvero vicino, capace di lasciarsi sfuggire quell'aneddoto o quella rivelazione valida a dare spessore alla globalità del progetto. La presenza dei suoi ex-compagni di squadra (o avversari) e dello staff che ha accompagnato la sua prima fase di crescita non sopperisce a tale vuoto e, salvo qualche leggera storiella strappa sorrisi, il non ricevere mai qualcosa di davvero succoso ed imperdibile nei suoi confronti, lascia un tantino impassibili e inappagati.
La sensazione definitiva, perciò, è un po’ quella di avere assistito a una celebrazione fine a sé stessa, dove quel calciatore esaltato e esaltante viene consacrato a mito, nascondendo ancora di più una profondità che sappiamo esistere (e in alcuni strascichi di filmati ce ne accorgiamo da vicino), ma che in questo modo si aiuta a rendere ulteriormente inafferrabile.
Roba da far rimpiangere un approfondimento ipotetico su Mido e Van Der Meyde, loro si, entrambi disponibili ad aprirsi e a mostrare sensibilità.
Trailer:
Una sete di curiosità che i registi Magnus e Fredrik Gertten dissetano, tuttavia, solamente a metà.
Il loro documentario mette in mostra l’Ibrahimovic-calciatore più giovane, quello arrivato al Malmö nel mentre della sua retrocessione e prossimo, da lì a qualche anno, a mettersi in mostra e a trasferirsi all’Ajax, per una cifra, all'epoca giudicata folle - ma col senno di poi irrisoria - di 9 milioni di euro. A raccontarlo sono alcuni filmati di repertorio che lo mostrano in campo, negli spogliatoi e, raramente, nella sua casa in Svezia: quella in cui giocava al “suo” computer che guai a chiunque gli venisse in mente di toccarlo. Era una persona poco diversa da quella che oggi tutti abbiamo imparato a individuare, le manie e le risposte erano le stesse (anche coi giornalisti), sapeva di valere e sapeva che sarebbe diventato un membro dell’élite calcistica mondiale, sebbene l’egoismo che aveva dentro, lo portasse spesso a non legare stretto con la squadra e a non esprimersi al meglio in campo (sembra che abbia letto troppe volte il libro “Solo, Intorno Al Mondo”, dice uno dei suoi allenatori). E, in effetti, la sua Storia ci parla di un uomo dedito alla solitudine, che non ha problemi a definirsi personalmente uno zingaro, perché - aggiunge sempre - figlio di padre bosniaco e di madre croata, nonché nomade per definizione, considerati gli spostamenti ininterrotti fatti per l’Europa con la sua famiglia.
Eppure di questo Zlatan “Ibrahimovic: Diventare Leggenda” approfondisce il minimo, rivelando una superficie praticamente nota e non aggiungendo nulla di rilevante rispetto a quanto già detto e già sentito negli anni. Il lavoro dei Gertten paga, se vogliamo, l’assenza tra gli intervistati del suo protagonista simbolo, o di chiunque gli sia mai stato davvero vicino, capace di lasciarsi sfuggire quell'aneddoto o quella rivelazione valida a dare spessore alla globalità del progetto. La presenza dei suoi ex-compagni di squadra (o avversari) e dello staff che ha accompagnato la sua prima fase di crescita non sopperisce a tale vuoto e, salvo qualche leggera storiella strappa sorrisi, il non ricevere mai qualcosa di davvero succoso ed imperdibile nei suoi confronti, lascia un tantino impassibili e inappagati.
La sensazione definitiva, perciò, è un po’ quella di avere assistito a una celebrazione fine a sé stessa, dove quel calciatore esaltato e esaltante viene consacrato a mito, nascondendo ancora di più una profondità che sappiamo esistere (e in alcuni strascichi di filmati ce ne accorgiamo da vicino), ma che in questo modo si aiuta a rendere ulteriormente inafferrabile.
Roba da far rimpiangere un approfondimento ipotetico su Mido e Van Der Meyde, loro si, entrambi disponibili ad aprirsi e a mostrare sensibilità.
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