Questo perché quando si fa cinema partendo dalla passione, dal cuore, tutto diventa possibile, raggiungibile, a prescindere dai mezzi a disposizione e dalla grandezza delle ambizioni. Con “Ammore E Malavita”, infatti, i Manetti non alzano l'asticella così tanto da discostarsi dai loro precedenti lavori, però decidono di aggiungere al loro marchio di fabbrica - tendenzialmente legato alla commedia e al thriller (che sia dal lato dei poliziotti, o da quello dei gangster come in questo caso) - l'approccio a quel musical che diversamente avevano cominciato ad accarezzare (chissà se per caso, o se preventivamente) in "Song'E Napule". Una scelta stilistica che va a rivoluzionare in gran parte quello che è il loro mondo, che inglobata a tutti gli effetti nello scheletro principale gli permette di rinnovare con il minimo sforzo parco comico e immaginifico, dando vita a un prodotto per certi versi estraneo all’industria cinematografica italiana e per questo, forse, dal carattere ancora più energico e trascinante del previsto. Certo, la storia porta con sé uno stampo decisamente classico, prevedibile nelle sue pieghe come nei suoi colpi di scena, e il loro modo di girare, a volte, pecca di una tecnica che, probabilmente, non sarà mai precisa e pulita come quella che dovrebbe addirsi a lavori di questo tipo, ma a compensare il tutto (e a compensarlo bene) ci pensano una serie di citazioni cinefile esplicite, battute azzeccate e canzoni pop, coreografate spesso in maniera volontariamente blanda, di fronte alle quali non si può che sorridere di gusto e, in rari casi, emozionarsi.

Un tappeto che, magari, prossimamente non sarebbe male riuscire a ripulire almeno in parte, ma che adesso può tranquillamente starsene isolato e lasciare il proscenio all'ammore overo di Ciro e di Fatima, un amore risbocciato sulle note e i passi di “What A Feeling” di “Flashdance”, qui napoletanizzato e alterato ad hoc al punto da non uscirti più dalla testa.